Il Pd sbatte la porta in faccia a Grillo «Non può iscriversi»

RomaNo residenza, no party. A Beppe Grillo non sono bastati «i miei due garanti, il postino Gavino Dughedaivezizzegazù e il macellaio Guzuguzu Paracheguzù», e nemmeno «un euro come stecca» per ottenere la tessera dal circolo di Arzachena. E neanche presentarsi oggi alla città giusta, quella dove abita, Genova Nervi, gli servirà molto. Il comico infatti non può proprio iscriversi al Pd. Lo ha stabilito all’unanimità, e con poche lapidarie parole, la commissione di garanzia dei democratici: «Non è possibile la registrazione di Grillo all’anagrafe poiché egli si riconosce e ispira un movimento ostile al Pd».
Fine dei giochi e porta in faccia. Un sondaggio dell’istituto di Crespi lo accreditava di un 19 per cento alle primarie e Affari Italiani lo stimava addirittura al 70. Non ci sarà mai la controprova. Nei prossimi giorni i garanti pubblicheranno sul sito la motivazione ufficiale, ma il motivo del no sta già scritto a chiare lettere nello statuto del partito: «Sono escluse dalla registrazione nell’anagrafe degli iscritti e nell’albo degli elettori le persone che siano iscritte ad altri partiti politici o aderiscano a gruppi di altri partiti politici all’interno di organi istituzionali elettivi».
La scelta era nell’aria e lo si capiva dalle dichiarazioni delle ultime ore, non solo dei big del partito e degli altri candidati alla segreteria, ma anche di personaggi che sembravano disposti ad accogliere il blogger. Come Debora Serracchiani, supervotata alle ultime europee, che Grillo definisce «la mia unica interlocutrice in un partito burocratico e alla frutta, l’unica che è stata eletta a differenza di queste mummie» e che adesso respinge le avance. «Caro Beppe - scrive in risposta la Serracchiani -, tu sai che lo statuto del Pd non ti permette di candidarti. Io mi permetto solo di dirti che quando si entra in un partito, prendere la tessera significa condividere ideologie, valori, storie, emozioni di quel partito, amarne il simbolo, la bandiera e il progetto. Tu sei pronto a farlo?».
Dunque il Pd non è un taxi e nemmeno un autobus, come da qualche giorno sostiene Pierluigi Bersani. Che cos’è, allora? «Io vorrei un partito - dice l’ex ministro - che rispettasse tutti però che si facesse anche rispettare. Ecco, è ora forse che ci facciamo un po’ rispettare». Insomma, «è ora di finirla di pensare che noi siamo un luogo per tutte le scorribande. Non si entra da noi per insultarci». Dopo di che, aggiunge il favorito alla segreteria, «siamo il partito più aperto del mondo, l’unico in questo Paese in cui si discute ed è molto curioso che si venga a dare lezioni di democrazia proprio qui. Si vada a bussare alla porta degli altri partiti se li trovano». Quanto al tesseramento di Grillo, «ci sono delle regole, per fortuna almeno quelle ce le abbiamo. E il capo di un movimento politico avverso a noi mi pare che non abbia titolo di ottenere la tessera».
Per Giorgio Merlo, membro della vigilanza Rai, «la simpatica parentesi Grillo è durata troppo scivolando nel grottesco, il Pd non può essere ridotto a una burla dove comici, intrattenitori e gente di passaggio possa ambire alla segreteria».

Per Ermete Realacci «è roba da cabaret politico: a che titolo avanza la sua candidatura uno che ha sempre irriso e contrastato il Partito democratico?». Così, alla fine, l’unica voce dissonante resta quella di Claudio Burlando, presidente della Regione Liguria: «Non mi piace il fuoco di sbarramento contro di lui. Io non ho paura di confrontarmi». Troppo tardi.

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