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Il Pd secondo Bersani? "Cattolico e socialista"

Il Pd di Pierluigi Bersani sarà un "grande partito popolare", capace di recuperare le radici del cattolicesimo democratico e del socialismo. Il candidato alle primarie detta l'agenda: "Sono sempre stato assai critico con i cultori del nuovismo. Per cambiare devi sapere chi sei"

Il Pd secondo Bersani? "Cattolico e socialista"

Roma - Il Pd di Pierluigi Bersani sarà un "grande partito popolare", capace di recuperare le radici del cattolicesimo democratico e del socialismo, sarà votato a "dare un senso" (come dice nello slogan della sua campagna congressuale) alla storia e ai valori dell’Italia. L’ex ministro delle lenzuolate ha raccontato al settimanale Tempi perché si è candidato alla guida del Pd al congresso di ottobre e quali sono i suoi obiettivi.

Il Pd secondo Bersani Fresco del recente riconoscimento che gli ha attribuito Umberto Bossi (fra i tre candidati alla segreteria preferiscono Bersani, ha detto il leader della Lega), l’ex ministro dello Sviluppo Economico, replica con una battuta. "Si vede che gli piacciono i tipi tosti. Bossi si diverte alle nostre spalle e qualcuno ci casca. Sono solo battute estive, dette a Ferragosto senza alcuna importanza", commenta Bersani che spiega le ragioni che lo hanno indotto a scegliere come parola d’ordine della sua campagna congressuale, il refrein di una canzone di Vasco Rossi. Il cantautore emiliano vuole dare "un senso a questa storia" e Bersani spiega cosa vuo, dire per lui averla scelta.

Il senso del centrosinistra "Ho scelto questa canzone proprio per quelle due parole: 'senso' e 'storia'. Ma non intendevo riferirle al Pd, ma all’Italia". "Beninteso, la storia l’Italia ce l’ha, ed è pure una grande e gloriosa storia, quel che vorrei fare è darle un senso oggi. Credo che il Pd possa farlo, a patto che sappia recuperare dei valori che oggi, troppo spesso, sono dati per aquisiti e scontati, come libertà, democrazia, identità. Parto nelle mie valutazioni da quello che vedo oggi accadere nel paese. L’unità non è scontata, va conquistata. Viviamo in uno Stato - prosegue - in cui è cresciuta enormemente la forbice tra i redditi e in cui è diminuita spaventosamente la mobilità sociale. Sono dati di fatto e la politica ha la responsabilità di fornire un programma sociale e liberale che possa sanare questa ferita. E poi si è abbassata l’asticella dello spirito civico che ci impone una grande risposta morale".

Ritorno al partito "popolare" Io credo in un grande partito popolare - aggiunge Bersani - che si rivolga ai ceti produttivi (le imprese, i lavoratori), ai giovani, alle fasce più deboli. Credo in un partito organizzato e che abbia un’identità chiara e definita, non matematica". "Sono sempre stato assai critico con i cultori del nuovismo. Chi mi imputa di essere il 'vecchio' è superficiale. Quel che è nuovo lo ha sempre deciso la storia. Il nuovo è davanti a noi, ma per affrontarlo bisogna essere nelle condizioni adatte. Conosco la fatica del cambiamento, ma per cambiare devi sapere chi sei. Dobbiamo dire chi siamo per dire che cosa vogliamo e come intendiamo farlo. Cioè dobbiamo, prima di ogni altra questione, affrontare il tema della nostra identità. Sono anche disposto a discutere quale". Nell’immaginare il profilo e l’dentità del Pd, Bersani propone "di emanciparci dalla storia dei nostri ultimi trent’anni e di andare a recuperare quelle che sono le nostre radici più profonde: quelle cattoliche popolari e quelle socialiste. Radici che ci insegnano che se parti dagli ultimi, dai più deboli e sfortunati, sarai capace di costruire una società migliore per tutti. Non classista, non ribellista, ma in grado di essere solidale e aperta".

Le accuse del candidato Bersani respinge l’accusa di essere un candidato troppo radicato nella sua realtà territoriale e che quel suo essere "tropo emiliano" non lo aiuterà a 'sfondare' al Sud. "Ma quell’identità popolare cui io guardo non è solo delle mie parti: io l’ho vista anche in Lombardia e perfino in Calabria e Sicilia. Ci credo molto. Penso che solo rifacendoci a questa tradizione possiamo unificare veramente l’Italia". "Pensiamo solo al dibattito sulle gabbie salariali. Vent’anni fa - ricorda l’ex ministro dello Sviluppo Economico - quando se ne discuteva, si sapeva che le gabbie bisognava farle per il Sud, ma anche per il Nord. Oggi, invece, tutto il dibattito, un pò volgare e molto ingeneroso per il nostro Meridione, divide il territorio italiano in due parti: il Nord e il Sud. È un altro dei tanti punti di crisi che io vedo oggi in atto nella politica che si limita a denunciare i problemi senza fornire soluzioni su come affrontarli. Oggi, anzichè combattere un divario tra Settentrione e Meridione, che facciamo? Lo interpretiamo. E dopo aver fornito tante pur lodevoli chiavi di lettura, lo lasciamo così com’è".

Le future alleanze In tema di alleanze Bersani parte da una premessa: "avere una vocazione maggioritaria non significa fare da sè, ma cercare delle alternative. Non in seno a un antiberlusconismo sciocco, ma cercando di adempiere a quello che è lo scopo primario di un’opposizione e cioè fornire un’alternativa felice. Quindi non aspettare di avere il 51% ma tentare di fornire agli elettori un’altra possibilità di scelta. Per fare questo mi rivolgo a tutte le forze di opposizione e le invito a dialogare rispetto a due problematiche: le piegature improprie della nostra democrazia che ha ormai ridotto il ruolo del Parlamento solo a un continuum del governo e le difficoltà del nostro paese nell’affronto della crisi economica". "Noi pensiamo che oggi l’Italia abbia bisogno di riforme elettorali, istituzionali e di regolamenti. E di una nuova ricetta anticrisi. Con chi condivide queste preoccupazioni, noi ci siederemo a un tavolo e discuteremo con pazienza, perchè so bene che non è un’operazione che si fa in un giorno.

Abbiamo in mente uno scenario plurale - conclude Bersani - che si declina nel bipolarismo e non nel bipartitismo".

 

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