«Pdl federalista per vincere al Nord»

Maurizio Sacconi, ministro del Welfare ed esponente del Pdl, in Trentino il Popolo delle libertà ha perso voti, possibile che il centrodestra sia in crisi proprio nel Nord-Est?
«Il risultato in Trentino in parte è giustificato dalle differenza tra il voto politico e quello amministrativo. Ma non c’è dubbio che il risultato elettorale sia anche sintomo di un problema che si manifesta più o meno in tutto il Nord. E che potrebbe accentuarsi nel voto amministrativo ed europeo di primavera».
La Lega ha guadagnato consensi, voi no. Cosa è successo?
«Il Pdl rimane il movimento politico del premier ed è un po’ come se competesse con l’alleato avendo un braccio legato dietro la schiena».
Questo perché è finita la luna di miele tra il governo e gli elettori anche nelle «sue» zone?
«No, la sensazione è che ci sia nell’elettorato un’ottima considerazione del presidente del Consiglio e anche dei singoli membri del governo, ma che si debba ricongiungere questa sentimento con il partito che lo stesso Berlusconi ha fondato e al quale appartengono gli esponenti del governo».
E allora qual è il problema?
«Il Pdl non è portato a sottolineare la sua identità e assume su di sé tutta la responsabilità della coesione della coalizione. D’altra parte quella con la Lega resta una competizione legittima e leale. Sta al Pdl affermare e motivare con l’elettorato la sua identità di movimento politico nazionale. Deve essere capace di organizzarsi su base federale, come lo Stato che vogliamo, ma come avrebbe detto Don Sturzo, interpretando il federalismo come un modo per consolidare la coesione nazionale».
Magari per molti al Nord, la coesione non è una priorità...
«Quello che sta accadendo nel mondo e in Europa conferma il ritorno degli Stati-nazione».
Intende la crisi finanziaria?
«Sì, sono i leader degli Stati-nazione che si siedono ai tavoli del G8, del G20 o della Ue per prendere decisioni. Le dimensioni infraregionali non possono essere protagoniste nella dimensione sovranazionale. Tutto questo dovrebbe esaltare il ruolo di un grande partito dei moderati, alleato di un partito localista. La coalizione ha due gambe ed è giusta la competizione tra due specializzazioni».
Non c’è il rischio che il Pdl, stretto dalla Lega, diventi un po’ un partito del Sud?
«Il Pdl non potrà che tararsi, come il governo del Paese, sulle aspirazioni a crescere delle aree più forti, ma allo stesso tempo dovrà motivare le aree più forti a occuparsi di quelle più deboli».
Ripeto, quest’ultima parte del ragionamento potrebbe non essere gradita a tutto il Nord...
«No, perché il Nord sa che compete meglio con il Paese tutto intero. Che l’unica possibilità di avere alti livelli di crescita economica è legata all’incremento del Pil nel Sud. È interesse di tutti che il Mezzogiorno esca dalla trappola nella quale si trova ancora, fatta di bassa crescita, dipendenza dalla spesa pubblica, inefficienza e incapacità a realizzare opere pubbliche».
Tornando al Pdl, cosa deve fare visto che ha parlato di rischi alle elezioni amministrative e alle europee del 2009?
«Dobbiamo accelerare il processo di costituzione del Pdl. Per i nostri elettori è già costituito, anche se ne percepiscono una presenza debole. Ci sono tutte le condizioni perché il Pdl si presenti con una proposta che non sia la somma delle posizioni di Forza Italia ed An. Deve offrire una visione sul dopo crisi, che si fondi sul rifiuto della paura e del pessimismo ed esalti le nuove tutele».
Concretamente, al Nord come eviterete altre perdite di voti?
«Collegando l’azione di governo al dialogo con le comunità locali, anche attraverso strutture di partito più radicate. Poi dimostrando che le azioni che realizziamo ogni giorno come governo sono parte del grande disegno di un partito che si realizza nel lungo periodo».
E i rapporti con il partito di Umberto Bossi?
«Alla Lega bisogna dire chiaramente che dovremo affrontare insieme le amministrative fin dal primo turno. È un appuntamento importante quello del 2009, con un valore politico altissimo, anche per i cambiamenti e le difficoltà alle quali stiamo andando incontro. Una situazione che non ci consente di presentarci divisi, nemmeno al primo turno».
La Lega chiede la presidenza del Veneto.

È d’accordo?
«Non ha senso porre il problema ora, dobbiamo prima affrontare insieme il voto di primavera e poi ne riparleremo. Inoltre bisogna tenere conto di quello che ci ha sempre chiesto la Lega e cioè di guardare ai buoni risultati di chi ha guidato le autonomie locali. E i nostri hanno obiettivamente governato bene».

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