Pdl, la rivoluzione del linguaggio

Pdl, la rivoluzione del linguaggio

La nascita del Partito della libertà ha tolto l’attenzione dal Partito democratico e ha mostrato che Berlusconi può costruire un partito con un atto della volontà, mentre la nascita del Pd sembra un compito immane per riprodurre uno schieramento identico a quello che c’era prima. Ma il partito della libertà va considerato come una novità del linguaggio politico, perché i giornali e la televisione della Brambilla esprimono una contrapposizione radicale al contenuto ideologico e politico del governo Prodi.
Il governo Prodi è stato culturalmente ricostituito attorno al ruolo politico della classe e ai sindacati delle tre confederazioni storiche come organo di essa. Ma la classe non è più una realtà: in un paese delle piccole e medie industrie il lavoro dipendente si sente cointeressato alla propria azienda e al suo futuro. Il ceto medio è divenuto ora il cittadino medio e quindi il blocco che si è rivelato maggioritario nel paese. Il peso della sinistra antagonista sta nel fatto che essa pone in evidenza la dimensione di classe, ma è però la cultura di tutto il governo a trarre la sua legittimità politica dal consenso dei sindacati. Ciò ha radicalizzato l’elettorato del centrodestra.
Il linguaggio della Brambilla offre un modello linguistico che interpreta questa tensione, cui la grande stampa ha dato spazio indicando i politici come la «casta» degli intoccabili. La Brambilla interpreta un linguaggio che riprende in forma più ampia temi che erano stati finora propri della Lega.
In questo senso l’intuizione di Berlusconi di dare qualità politica al Partito della libertà gli consente di indicare i fini della politica che egli si propone, cioè un blocco politico del cittadino medio contro un governo esercitato in nome della classe che non esiste più. E se si aggiunge al tema fiscale quello della crisi della legalità e della porta libera, senza più vincolo, all’immigrazione extracomunitaria, si comprende che oggi nel paese il problema dell’esistenza concreta fa aggio su quello della libertà e a quello stesso del federalismo fiscale. Il limite della Lega sta nel fare ancora di questo tema il centro della sua politica, quando è in corso una crisi globale dello Stato in cui esso non può garantire il diritto alla sicurezza, il fondamentale dei diritti. Il federalismo fiscale è una strada che non conduce da nessuna parte e che suppone uno Stato nazionale che oggi non c’è più.
Con l’operazione Brambilla, anche gli altri partiti della Casa della libertà hanno dovuto prendere atto che esisteva ormai una posizione sociopolitica, quella del cittadino medio contro lo Stato impotente sul piano della legalità e pervasivo su quello della fiscalità. Casini ha abbandonato il concetto di centro e ha accettato di parlare un linguaggio radicale come egli stesso ha detto: non a caso, si è avvicinato al problema della lotta contro il fisco. Ed egualmente Alemanno è stato spedito da Fini al vertice di Lorenzago. I due partiti alleati di Forza Italia, sia Udc che An, avevano sempre accentuato la loro funzione di mediazione tra il popolo di destra e le istituzioni, criticando il populismo della Lega.
Berlusconi ha compreso che la Casa delle libertà è stata logorata dall’Udc e che il partito unico farebbe di Fini il centro dell’alleanza, perché solo Alleanza Nazionale è disposto a farlo. Così si appropria del partito unico nella forma del Partito delle libertà ma lo rende relativo a se stesso. Egli pensa alla lista che guiderà alle elezioni come una sintesi attorno ai diritti e alle esigenze dell’italiano medio contro il regime classista e fiscale imposta da questa maggioranza. In questo senso il proporzionale senza premio di maggioranza può costituire una opzione, tanto più che solo Berlusconi è colui che ha interpretato il cittadino medio legato al privato come fondamento di un blocco culturale, sociale e politico. E ha ottenuto anche due vantaggi: il primo di obbligare gli alleati a fare i conti con la realtà sociale e a non fare delle mediazioni con la sinistra il mezzo per ottenere da essa la legittimazione politica che li distinguerebbe da Forza Italia e da Berlusconi. E così farebbe della sua formazione l’esponente di una politica alternativa che risponde al bisogno di una parte consistente degli elettori. Ciò non toglie il valore della mediazione politica e quindi dell’acquisito istituzionale di Forza Italia.


Con l’iniziativa della Brambilla Berlusconi ha scombinato le carte del centrodestra e ha obbligato anche i moderati udicini e aennini a schierarsi al suo fianco nel conflitto istituzionale del governo della sinistra.
Il governo Prodi ha radicalizzato l’opposizione in una misura che l’opposizione stessa non prevedeva.
bagetbozzo@ragionpolitica.it

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