Pedofilia web, la polizia "ripulisce" mille siti

L'indagine partita in Italia dalla segnalazione di una nonna che cercava un regalo per i suoi nipoti sul web. Un software di un'organizzazione criminale dell'Est Europa utilizzava server di aziende ignare senza adeguata protezione per diffondere e vendere immagini pedopornografiche

Pedofilia web, la polizia 
"ripulisce" mille siti

Roma - Oltre mille siti web di una trentina di Paesi, un centinaio dei quali italiani, infettati a insaputa dei gestori da un software che reindirizzava l’utente a pagine internet che ospitavano materiale pedopornografico. Li ha scoperti la polizia postale italiana che, con la collaborazione dell’Europol, li ha ripuliti, denunciando centinaia di persone che hanno acquistato foto e video con minori. L’indagine, coordinata dalla procura di Venezia e denominata "Venice Carnival", è partita nel 2009 grazie a una segnalazione di una nonna che, navigando sul web in cerca dei regali per i nipoti, ha cliccato su un link di shopping on line, finendo invece su un sito web di abusi sessuali su minori.

Siti tracciati Partendo dalla segnalazione gli agenti hanno trovato le stesse tracce informatiche in centinaia di siti di tutto il mondo. Sono quindi state inviate le segnalazioni alle altre polizie e all’Europol che hanno consentito di scoprire un’organizzazione criminale, probabilmente originaria dell’Europa dell’Est, che era riuscita a entrare nei server di aziende che non usavano sistemi di protezione, installando un software che reindirizzava automaticamente gli ignari utenti internet verso siti web illegali. Complessivamente sono stati circa 300 i domini e 700 gli indirizzi web che erano stati infettati e sono stati ripuliti dalle polizie di mezzo mondo.

Gestori di server ignari Le successive indagini, ancora in corso, hanno consentito di accertare che i gestori dei server non avevano alcuna responsabilità e che centinaia di utenti hanno acquistato le immagini e i video: nei loro confronti sono in corso accertamenti per valutarne la posizione e formulare le ipotesi di reato. "L’organizzazione - ha spiegato il responsabile del centro nazionale per il contrasto alla pedopornografia sulla rete, il vice questore della polizia Elvira D’Amato - ha utilizzato la miglior tecnologia esistente, con sofisticate tecniche di 'web masquerating' messe al servizio della diffusione di materiale pedopornografico". Materiale che veniva pubblicizzato attraverso mail di spamming massivo. Così facendo i criminali hanno "infettato siti italiani e di altri paesi assolutamente legittimi, ma che non avevano un’adeguata protezione".

I numeri Sono 18.676 i presunti siti internet pedopornografici che cittadini e associazioni hanno segnalato alla polizia postale italiana nel corso del 2010. Il dato è stato fornito dal centro nazionale per il contrasto della pedopornografia online, l’organismo della polizia che si occupa del monitoraggio della rete e del contrasto alle organizzazioni criminali che sfruttano il web per veicolare il materiale pedopornografico. Un dato, sottolinea la responsabile, che risente della estrema complessità dell’organizzazione della rete: l’estrema volatilità degli spazi virtuali, infatti, può essere sfruttata dalle organizzazioni criminali ed è molto difficile per le forze di polizia intervenire in maniera tempestiva contro gli abusi commessi tramite Internet. Delle quasi 19mila segnalazioni, le indagini della polizia postale hanno consentito di individuare una prima lista di 940 siti sospetti da inserire nella black list, l’elenco dei siti che gestori di server e provider italiani devono inibire agli utenti. Gli ulteriori accertamenti hanno consentito di ridurre ulteriormente la lista iniziale a 216 siti, quelli che sono poi stati realmente inseriti nella black list che ad oggi conta 715 indirizzi "vietati".

Nel corso del 2010, inoltre, dall’elenco sono stati rimossi 14 siti perché o non più raggiungibili o non più a carattere pedopornografico. Infine, grazie ai contatti con le polizie degli altri paesi, il centro nazionale è riuscito a far rimuovere 40 siti pedopornografici che si basavano su server ospitati in paesi stranieri.

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