Pedrini, l’uomo che ha sbattuto la porta in faccia a Di Pietro

La legalità? Solo un’idea di facciata È il movimento del nulla assoluto

Pedrini, l’uomo che  ha sbattuto la porta  in faccia a Di Pietro

Egidio Pedrini, una lunga militanza nella Democrazia Cristiana, uomo di centro per antonomasia è ormai l’«uomo contro» dell’Italia dei Valori. Lui che due anni e mezzo fa sposò il progetto di Antonio Di Pietro salendo sul carro e candidandosi per la lista dipietrista alla Camera dei deputati, lui che si era fidato dell’ex pm e del suo progetto come altri ex Dc, «lui aveva il taxi, non un po’ di benzina, perché non provarci» raccontava l’ex deputato. Ma dall’Italia dei Valori Pedrini se n’è andato sbattendo la porta e rinuciando, dice lui, anche alla candidatura alle scorse politiche.
Pedrini, perché ha sentito l’esigenza di uscire dall’Italia dei Valori?
«Perché in quel partito non esiste una linea o una strategia politica. Vengo dalla Dc, un grande partito di massa dove la partecipazione era al primo posto. Lì decide un leader».
Non mi verrà a raccontare che l’uomo che parla di partito di plastica quando si lamenta di Berlusconi, a casa sua fa di peggio. Di Pietro è il Silvio della sinistra?
«Innanzitutto Di Pietro non è definibile né di sinistra, né di centro, non ha le esigenze e la sensibilità sociale per definirsi tale. Eppoi l’Italia dei Valori è realmente un partito del leader dove non esiste una minima dialettica interna. Io non sono berlusconiano, ma almeno Berlusconi è Berlusconi».
Sarà anche distante anni luce dalla lungimiranza berlusconiana, ma sta avendo un grande successo.
«Vediamo quanto durerà questo successo, basato su un voto di protesta e fine a se stesso. Se non si ha un progetto politico e se dietro non c’è un partito che costruisce, non c’è futuro».
Nei rumors interni si parla di un duopolio siglato da Di Pietro e dalla tesoriere Silvana Mura?
«Esattamente. Questa Mura sbuca dal nulla, creata ad arte ed imposta al partito da Tonino. Fu lui a nominarla all’ufficio di presidenza: ora non esiste possibilità di dissentire da ciò che dicono queste due persone, altrimenti sei fuori».
Nel frattempo però è nato lo «spirito di piazza Navona», Di Pietro leader delle folle.
«Appunto. Pensi lei se uno che si definisce legalitario deve andare in piazza ad insultare personalmente istituzioni e persone senza un nesso logico».
A livello locale l’Idv sembra molto spaccata.
«Non potrebbe essere altrimenti. Anzi mi meraviglia che uno come Paladini stia resistendo in una situazione come questa. Poi rendiamoci conto di come sono state gestite certe situazioni. Un partito che sta facendo della legalità la sua bandiera non può non autosospendersi dalla giunta Vincenzi dopo il caos di Mensopoli. Invece, sono arrivati a chiedere un assessore in più. Bell’esempio».
Quanto incide, secondo lei, la politica della lista Di Pietro sulle giunte degli enti locali?
«Zero.

Perché secondo lei Scidone non è succube della Vincenzi? Uno che si lamenta delle impronte ai rom e poi vuole mettere il braccialetto alla gente? Questa è testimonianza di una strategia che non esiste. Il tema della legalità è solo una battaglia di facciata, per il resto non c’è nulla».

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