«Ma le pellicole indipendenti si stanno facendo strada»

È vero che i film italiani non ottengono, all’estero, incassi all’altezza del box office nazionale. Ma è anche vero che il nostro cinema, nella crisi generale, riesce a tenere botta. Da due anni, ormai, ci riempiamo la bocca di Divo e di Gomorra, come non ci fosse più spazio per altri titoli, al di là di queste punte di eccellenza, buone per la vetrina internazionale.
Però se Respiro, firmato da Crialese, in Italia ha totalizzato 500mila euro, in Francia ha collezionato 500mila ingressi, pari a 4 milioni d’incasso. Una valutazione complessiva appare, così, delicata. Esistono, per esempio, realtà indipendenti pronte a vincere scommesse anche ai botteghini internazionali. «Il nostro cinema ha ripreso la sua corsa all’estero. In Francia escono dodici film italiani l’anno: un film al mese. Oltralpe Vincere, di Marco Bellocchio, ha incassato bene. Le conseguenze dell’amore è stato venduto in diciotto Paesi, mentre Private, di Saverio Costanzo, in venticinque. Ho incontrato, a Parigi, il direttore del Festival di Cannes, Thyerry Frémaux, il quale conferma che in Italia circolano vari talenti», riflette Nicola Giuliano, che con Francesca Cima e Carlotta Calori dirige la Indigo Film, fondata nel 1994 dai tre compagni di corso del Centro sperimentale di cinematografia, ora in cima alla lista dei produttori più credibili sul piano internazionale. Il suo «La bocca del lupo», uno dei pochi film italiani al Festival di Berlino, ha vinto la sezione Teddy Award.
Merito del Divo, ancora una volta, coprodotto dalla Indigo insieme con Lucky Red, a Fandango e a Babe (quest’ultima, anche co-produttrice dell’erigendo film di Placido su Vallanzasca, in vista di Venezia), ma non è solo la parodia di Andreotti quel che vale oro, varcati i confini nazionali (quindici i milioni di dollari incassati nel mondo dal film di Sorrentino).
Ma qual è dunque il percorso da seguire, se si vuole diventare agili come una fregata, però potenti come una portaerei? «Ho cominciato facendo gavetta sui set di Campiotti e di Ferrario. Poi, da napoletano, ho seguito i registi napoletani: Martone, Capuano, Incerti, Sorrentino. Di quest’ultimo, inoltre, abbiamo prodotto il primo corto. Napoli è, sì, un posto abbandonato da Dio, ma è anche un posto pieno di persone con grande talento e creatività», spiega il boss della Indigo.
A fronte di tanto orgoglio, allora, dove allignano i pregiudizi, rispetto a un cinema che, spesso, si presenta povero di idee, provinciale e assistenzialista? «Per me vale l’esempio del Festival di Sanremo.

La controprogrammazione, nell’ultima serata della kermesse, è stato trasmettere Eyes Wide Shut di Kubrick su Canale 5 e C’era una volta in America di Sergio Leone, su Raitre, due veri capolavori in prima serata. Nella mente di chi ha preso la decisione, c’era l’idea che così non si sarebbero sprecati i programmi veri, gli show d’intrattenimento».

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