A Peluso ampie deleghe per mettere ordine in Fonsai

Moncler non sfilerà a Piazza Affari. La quotazione è rinviata a data da destinarsi e al suo posto, secondo un copione già recitato più volte negli ultimi mesi, arrivano i francesi: in questo caso Eurazeo, che, con un investimento di 418 milioni di euro, entra come primo azionista, con il 45% del capitale, nella griffe numero uno dei piumini. Quasi un ritorno alle origini, visto che l’azienda è nata in Francia - a Monastier de Clermont, da cui il nome - ed è passata in mani italiane nel 1993: da Pepper Industries a Finpart, per poi essere ceduta allo stilista Remo Ruffini. É stato lui a gettare le basi della ripresa, completata con l’arrivo del fondo Carlyle, che ha portato il fatturato dai 180 milioni del 2005 ai 430 milioni del 2010, tanto da mettere in preventivo l’approdo sul listino milanese. Poi, il colpo di scena: la società di investimento francese, assistita da Lazard, ha chiuso domenica l’accordo che ridisegna la mappa dell’azionariato.
Il presidente Remo Ruffini resta il secondo azionista (scendendo dal 38 al 32%), ma si ridimensionano Carlyle, che passano dal 48% al 17,8%, e Brands Partners 2, dal 13% al 5%, mentre lo 0,25% resta in portafoglio all’ad Sergio Buongiovanni. L’accordo valorizza la società a un’«enterprise value» di 1,2 miliardi di euro, pari a 12 volte il margine operativo lordo.
«La quotazione resta un obiettivo strategico», affermano Ruffini ed Eurazeo in una nota congiunta, sottolineando che il rinvio è dovuto alle condizioni dei mercati finanziari. Lo stesso motivo invocato da Rhiag (automotive), la seconda matricola che ha fatto dietrofront nel 2011, mentre la farmaceutica Philogen si è ritirata l’11 febbraio dopo la decisione di Bayer di risolvere i contratti di licenza e sviluppo relativi al prodotto L19, centrale nello sviluppo della società italiano.
Piazza Affari, dunque - dove l’ultima Ipo risale al novembre scorso con Enel Green Power - prepara la passerella per un altro gruppo della moda: Ferragamo, che proprio ieri ha ricevuto l’ok di Borsa Italiana e Consob, e che dovrebbe dare il via alla quotazione a fine giugno. Il controllo, però, verrà mantenuto dalla famiglia: in Borsa dovrebbe andare, a quanto si è appreso, il 25% della società fiorentina, una quota che, secondo gli analisti, vale circa 400 milioni di euro.
Intanto Prada si prepara a raccogliere fino a 2,6 miliardi di dollari dal suo debutto in Borsa a Hong Kong, un valore molto superiore alle rivali quotate nelle Borse europee. Il prezzo definitivo sarà fissato il prossimo 17 giugno, ma la forchetta, secondo fonti ben informate, oscillerà tra i 4,7 e i 6 dollari ad azione. Il che, secondo il Financial Times, al limite più elevato equivarrebbe a valutare l’intero gruppo a 27 volte il fatturato previsto quest’anno, quando il valore di Borsa di Burberry è pari a 22,3 volte i ricavi previsti sul 2011 e quello della francese Lvmh a 19,4 volte.

Il presupposto su cui si basa una valutazione così elevata è che il settore del lusso riparta a pieno regime, trainato dai Paesi emergenti, Cina in primis: ma sono in ripresa pure Stati Uniti ed Europa, come conferma uno studio di Bain&Co e Altagamma, che vede i consumi mondiali dei beni di lusso in crescita anche nel prossimo biennio.

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