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Le Pen a caccia di firme per l’Eliseo

Le Pen a caccia di firme per l’Eliseo

Cinque anni fa sfidò Chirac al ballottaggio, ora i sondaggi lo accreditano del 14% dei voti. Jean-Marie Le Pen è una presenza controversa ma stabile nel panorama politico francese. Eppure il 22 aprile, quando gli elettori si recheranno alle urne per il primo turno delle presidenziali, potrebbe non risultare in lista. È l’effetto perverso della legge elettorale che prevede che ogni candidatura all’Eliseo debba essere sostenuta da almeno 500 persone elette, tra parlamentari europei e nazionali, consiglieri regionali, sindaci, presidenti di comunità di comuni e di altri organismi locali individuati dalla legge. In tutto sono 42mila. Sulla carta trovarne mezzo migliaio non dovrebbe essere proibitivo. Ma il sistema maggioritario penalizza il Fronte Nazionale, che può contare su poche decine di rappresentanti nei Palazzi del potere a ogni livello. E recentemente le norme sono state rese più severe rispetto a cinque anni fa. Allora le impegnative restavano segrete; un sindaco di sinistra poteva sottoscrivere il formulario senza temere di dover renderne conto ai propri elettori. Oggi invece i registri sono pubblici; dunque chi compie questa scelta è chiamato a risponderne.
Mancano due settimane al 16 marzo, ultimo giorno utile per depositare le firme e Le Pen arranca: oggi ne ha solo 400. Altri cento eletti avevano detto sì ma poi si sono ricreduti. Il rischio che non ce la faccia è tutt’altro che remoto. Per questo il leader dell’estrema destra va all’attacco: «Sarebbe stravagante se dopo aver ricevuto sei milioni di voti nel 2002, ora non potessi presentarmi». Le Pen denuncia «manovre per intimidire i sindaci di altri partiti». Le pressioni sono talvolta esplicite, più spesso indirette con metodi poco ortodossi; ad esempio ricorrendo a falsi giornalisti che minacciano violente campagne contro «chi tradisce». Il Fronte Nazionale ha smascherato una decina di casi in Borgogna, Franche-Comté e Picardia. Insomma sarebbe in atto un complotto che inizia ad agitare il mondo politico.
A chi gioverebbe l’esclusione di Le Pen? Senza dubbio non a Sarkozy, sebbene ciò possa apparire paradossale. In teoria i voti di un’estrema destra «orfana» del proprio candidato dovrebbero finire al presidente dell’Ump, che peraltro in campagna elettorale ha cavalcato energicamente temi come la sicurezza e la lotta all’immigrazione. In realtà, secondo politologi e sondaggisti si verificherebbe l’effetto contrario: l’esclusione di Le Pen verrebbe interpretata come un tentativo di privare dei propri diritti politici un settimo degli elettori; insomma, come un tradimento della democrazia, come un affronto che lo stesso Le Pen non mancherebbe di enfatizzare, innescando una protesta anti-sistema, che potrebbe anche degenerare nella violenza, ma che certo si tradurrebbe in una massiccia astensione alle urne. E senza i voti di questa parte di Francia Sarkozy non ha alcuna possibilità di diventare presidente.
Ecco perché dal suo quartier generale in queste ore si lavora a un salvataggio in extremis. Alcuni sindaci fanno sapere che «se proprio dovesse essere necessario all’ultimo minuto potrebbero firmare per Le Pen». Una manovra da condurre con discrezione per non esporsi all’accusa di appoggiare un «fascista», ma a questo punto inevitabile. Con il presidente del Fronte Nazionale in lizza, «Sarko» al secondo turno batterebbe la Royal con quattro o addirittura sette punti di margine, stando agli ultimi due sondaggi.

Salvare Le Pen a lui conviene.

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