Penati messo alle strette La Margherita delusa fa pressing sulle deleghe

La maggioranza in Provincia traballa. Corsa alle poltrone vacanti. L’accusa: il presidente gestisce in proprio gli affari

Gianandrea Zagato

Anche se Filippo Penati non prepara le valigie, la maggioranza che governa la Provincia di Milano è a pezzi. Solo Franco Mirabelli, segretario provinciale Ds, continua a sostenere che «il quadro politico è sereno». Certezza politica che però non trova alcun riscontro al civico 1 di via Vivaio.
Lì, a Palazzo Isimbardi, tira aria di crisi tra Quercia, Margherita e Rifondazione, con addirittura l’assessore Bruno Casati pronto alle dimissioni via e-mail dal Brasile: tutti contro tutti nel nome di una poltroncina, di una delega in più e di un portafoglio rigonfio. La colpa? È del presidente e della «sua voglia di gestire in proprio gli affari» chiosa Bruno Dapei, capogruppo di Forza Italia. Già, «gli affari» ovvero l’Expo 2015, i Grandi eventi, l’Innovazione e quant’altro Penati ha voluto per sé in occasione del rimpastino: competenze sottratte alla giunta senza consultare i partiti della sua maggioranza.
Decisione presa, dicono dalla Margherita, trattando «il vicepresidente della Provincia, Alberto Mattioli, come fosse l’usciere e non un pari grado». Fuoco amico verso chi ha «scippato» al vice Mattioli spezzoni di deleghe offrendo però in cambio «il premio della delega al Senato della Terza età». Comprensibile, quindi, la rabbia della Margherita che non ha disertato l’altroieri il vertice di maggioranza ma ha pure preteso un chiarimento «a tu per tu» con Penati: «Non voglio scendere nel dettaglio delle deleghe ma se alla fine del rimpasto, noi, avremo avuto meno degli altri, be’ ci sarà da riflettere» osserva Patrizia Toia, segretario provinciale della Margherita. Messaggio chiaro: non c’è ratifica di alcun atto unilaterale firmato da Penati se non c’è condivisione e poltrone di peso per la Margherita. Che, in soldoni, si traduce in un «incontro con il presidente» ossia in una «verifica».
Sostantivo, quest’ultimo, che fa venire l’orticaria a Penati: «Verifica? Ho chiesto alla Margherita che si possa assumere la responsabilità politica di gran parte delle deleghe dell’assessore Luigi Vimercati (il 27 novembre lascerà la giunta per dedicarsi all’incarico di sottosegretario del governo Prodi, ndr) e attendo per oggi delle risposte». «Risposte» che attendono però anche i compagni di Rifondazione: infatti, anche loro sono in preda a mal di pancia per la decisione penatiana di togliere al loro assessore Casati sia il Demanio che il Patrimonio e l’Edilizia e offrire in cambio il Lavoro depurato però dai poteri che, invece, aveva il diesse Vimercati. «Errore di cui non riusciamo a capire il senso» commenta Nello Patta, segretario provinciale di Rifondazione. Sì, definisce lo scippo come «un errore» pur sapendo che al piano nobile di Palazzo Isimbardi non si prendono mai decisioni per caso: le reali competenze dell’assessorato che fu di Vimercati passeranno infatti all’Agenzia sul lavoro. E c’è da scommetterci che, oggi, alla verifica tra Penati e Margherita anche questo dettaglio sarà al centro del confronto.
Ma, attenzione, anche se per Penati sarà una giornata difficile è impensabile la rottura o, come provocatoriamente sostenuto dall’azzurro Max Bruschi, le «dimissioni di Mattioli ridotto al ruolo di portavoce del ragioniere capo». Niente di tutto questo: dopo due anni e mezzo di potere, Penati deve portare a termine altre operazioni finanziarie.

Quali? In tempi lunghi trasformare Asam in holding delle infrastrutture lombarde e in tempi brevi rivendere quelle azioni di Serravalle acquistate da Marcellino Gavio perché non servono più. Due esempi di «quella banca d’affari che è diventata la Provincia» spiega Dapei. Due esempi che uniscono una maggioranza in preda a una crisi di nervi.

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