Roma

Il pennello che sa sublimare le brutture degli uomini

Laura Gigliotti

C’è un piccolo schizzo a china di Roiate nel catalogo della mostra di Giovanni Arcangeli «Nei luoghi del paesaggio. Subiaco, la Valle dell’Aniene e quella del Sacco», da oggi a Subiaco fino all’11 settembre. È del ’75, l’anno in cui Arcangeli accompagnò da aiutante Giuseppe Ciotti, uno degli artisti di Villa Strohl-Fern, che doveva realizzare un affresco in una chiesa di campagna. Non si tratta dunque di un’infatuazione per quel paesaggio, ora, ma di un amore antico tornato in superficie come un fiume carsico. Messi da parte le architetture dipinte del mondo classico, gli scorci metafisici della Roma razionalista e le slabbrate periferie urbane, Arcangeli si mostra sempre più attratto dal sacro e dalla natura. Da un lato il linguaggio dell’anima attraverso le tappe della spiritualità benedettina e francescana, dall’altro il paesaggio, suo antico ed eterno amore artistico. Sulle orme dei pittori del Grand Tour, che scoprirono questo territorio fondandovi vere e proprie colonie, come i tedeschi a Olevano Romano, Arcangeli lavora sulla memoria dei luoghi, rivisitati alla luce della sua raffinata sensibilità tonale. Luoghi che il pennello libera dalle brutture e dagli insulti degli uomini. Come la chiesetta di San Rocco a Vicovaro, fissata in una dimensione atemporale, in realtà in completo abbandono.
Il dipinto che apre la rassegna (una sessantina di opere), ospitata dalla Rocca Abbaziale di Subiaco (sotto l’appartamento di Pio VI Braschi decorato da Liborio Coccetti), è dedicato alla chiesa di San Pietro ad Affile, dove si verificò il primo miracolo di San Benedetto; segue l’eremo di San Cosimato, dove il santo fu per un certo tempo; poi i celebri monasteri e le chiese di Subiaco. Ma è anche un percorso nel territorio e nella natura. È la scoperta dei monti che si rivelano all’artista nel momento in cui si ferma a dipingere le rocce a strapiombo su cui si erge il convento di San Cosimato. Andando oltre, ecco altri orizzonti sempre più ampi e azzurri, rappresentati in tele strette e lunghe. Il pittore riduce gli aspetti naturalistici all’essenziale. Come nella Rocca che si staglia sullo sfondo azzurrino dei monti inframmezzati da alberi, o nei tetti a cascata di Anticoli e Olevano. Forte anche la passione per le architetture antiche e i monumenti, o la dimensione del sogno in «Ponte di San Francesco» con quegli alberi che si piegano sul fiume e accanto un’incredibile casa rossa e «Cartiera a Subiaco», che trasuda storia e poesia. Subiaco, Rocca Abbaziale. Orario: tutti i giorni 10-13 e 15.30-19.

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