Il pentito: «Cocaina, escort e regali ai magistrati»

Cocaina ed escort per i magistrati. Tremano le toghe calabresi dopo le dichiarazioni del pentito di ’ndrangheta Carmine Alfano, che al processo Santa Tecla sulle cosche che dominano su Corigliano, grosso centro del cosentino, sta rivelando retroscena a «luci rosse» e «polvere bianca» che chiamano in causa magistrati, forze dell’ordine, politici e professionisti. Tremano perché nell’attesa di verificare se quelle parole hanno un minimo fondamento, il pentito, almeno fino a ieri, era considerato affidabile e riscontrato.
Nei fascicoli che stanno terremotando il mondo delle toghe calabre, inviati per competenze ad altre procure, il pentito parla innanzitutto di un night, aperto nel 2002 e frequentato da magistrati, dove si prostituivano «donne provenienti tutte da Napoli e avevano contatto con (…) non si trattava di donne costrette al meretricio ma di prostitute, almeno per quanto ho potuto constatare personalmente, che guadagnavano bene per il lavoro che facevano». Alfano dichiara che uno degli imputati, Maurizio Barilari, attualmente detenuto in regime di 41bis, tramite un notaio, metteva «delle donne a disposizione di magistrati che lavoravano a Rossano e risiedevano tra (...)».
Il pentito, pur non ricordando i nomi dei pm che tira in ballo, precisa però di non avere difficoltà nel riconoscerli se li vedesse in foto.
«In particolare – fa mettere a verbale - ricordo che, in più occasioni, ho portato donne a un magistrato alto più o meno un metro e sessantacinque, con capelli radi e brizzolati». Avrebbe poi ascoltato il gestore del night riferire a Barillari di alcuni pm abituè del locale «i quali non solo frequentavano il locale ma non pagavano, in una occasione ricordo che il giudice (...) venne trovato all’interno del locale nel corso di una perquisizione effettuata dai carabinieri».
Droga, sesso ma anche regalie, come il mobile antico, precedentemente trafugato, fatto recapitare a un giudice. Oppure ville in omaggio, per le soffiate alle aste al tribunale di Rossano: «Per quanto mi ha riferito (...) aveva regalato una villa al presidente del tribunale di (...). Cioè aveva acquistato un terreno dove c’era una vecchia casa che aveva ristrutturato proprio al fine di regalarla al presidente del tribunale di (...). In più occasioni (...) mi ha intimato di “guardare” questa abitazione in modo tale da evitare che, specie gli extracomunitari, potessero fare danni. Sempre (...) mi ha intimato di impedire gli scarichi di materiale di riporto sul retro dell’abotazione del presidente (...). Non mi ha spiegato il motivo per il quale (...)ha regalato l’abitazione al presidente (...)».
Alcune forze dell’ordine, invece, a sentire Alfano, facevano uso privato di cocaina ed erano a disposizione delle ’ndrine locali.

I verbali sono stati tirati fuori dal cassetto dal difensore di Barillari, Salvatore Sisca, che al pm antimafia Vincenzo Luberto, titolare dell’indagine, chiede: «Come mai il pentito viene ritenuto attendibile quando parla di presunti associati mafiosi mentre le sue parole restano lettera morta quando accusa magistrati, uomini in divisa, professionisti e notai e non vogliono neanche farmi fare le domande?». Già, perchè?
(ha collaborato Luca Rocca)

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