Perchè la critica spagnola non abbocca alle provocazioni di Josè Mourinho

Il tecnico portoghese ha ripreso a seminare zizzania mettendo in discussione l'opposizione delle squadre provinciali nei confronti del Barcellona. Dalle sue parti non gli hanno dato retta, come sarebbe accaduto invece ad Appiano Gentile. E se il gioco non migliora...

Forse Josè Mourinho ha capito di essere capitato in un paese normale, come scriverebbe Massimo D'Alema. La Spagna, dal punto di vista calcistico, è infatti un paese più che normale. Nel senso che la critica spagnola è molto più matura e consapevole rispetto a quella un po' partigiana e anche molto cialtrona tradita qui in Italia e in particolare ad Appiano Gentile. Ricordate le polemiche dei due anni fa? Bastava che Josè denunciasse "il grande scandalu" per far montare una gazzarra incredibile, alimentata dagli stessi esponenti dei media che invece di esercitare il proprio mestiere si limitavano a fare da megafoni alle sue dichiarazioni a effetto.
Appena arrivato a Madrid Mourinho ha provato a duplicare la situazione. Pensava così di cavarsela e di allontanare dal Real, ancora a caccia di identità e del primato in classifica, le ganasce della critica. Ha preso di mira il Barcellona, pensando di diventare, come accaduto nella Milano merazzurra, il profeta del tifo interista. E invece a Madrid hanno cominciato a masticare amaro, non hanno abboccato all'amo. E hanno lasciato che la frase di Mourinho, riservata agli avversarti dei catalani ("giocano con la seconda squadra") annegasse nell'oceano delle banalità.
Ma questo è niente.

Perchè il pubblico del Santiago Bernabeu è abituato a giudicare la qualità del calcio oltre che i risultati, come possono testimoniare nelle rispettive esperienze, sia Arrigo Sacchi che Fabio Capello. E se lo spettacolo, nel tempo, non dovesse essere all'altezza delle attese, prima o poi vedrete una bella "pagnolada", una sventolata di fazzoletti bianchi.

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