Perché fidarsi della regola dell’uno per cento

Diamo per scontato ciò che scontato non è, cioè le idee riguardo agli eventi su cui puntare. La domanda a questo punto è una sola: quanto giocare? Esistono mille teorie, ma secondo gli studi dei bookmaker la pratica dei professionisti è una sola: mai più di un centesimo del capitale su una singola giocata, tranne che nel caso di scommesse sicure. Fra l’altro un caso di questi si è verificato proprio sabato scorso, con le principali aziende operanti in Italia che offrivano l’Inter a 1,40 contro la Lazio mentre in contemporanea e per parecchie ore sui principali exchange era possibile bancare lo stesso risultato a 1,37 (in serata era però già tornato a 1,42). Tornando alla normalità, va detto che il limite dell’uno per cento è rispettato da quasi tutti. A partire dal mitico Gary Austin, che «sdoganò» la figura del gambler professionista alla fine degli anni Settanta. In una memorabile intervista a Rino Tommasi, Austin spiegò che ogni giorno dal suo ufficio di Las Vegas mediamente investiva 70mila dollari su centinaia di puntate riguardanti ogni sport. Con l’obbiettivo, quasi sempre raggiunto, di guadagnarne 2mila. Un lavoro, insomma, basato su quello yield vicino all’1% che è possibile ottenere in media da ogni colpo sfruttando le opportunità offerte dal mercato.

Sul cosiddetto money management sono stati scritti molti libri, con annesse formule complicatissime (la più famosa è il criterio di Kelly), ma tutto si può ridurre ad una raccomandazione di buon senso: mai rischiare di perdere più di un centesimo del capitale su un singolo evento.

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