Perché la nuova legge elettorale mette al sicuro anche i conti

La scarsa governabilità dell'Italia dipende molto dallo strapotere dei piccoli partiti. Ma l'entità del debito pubblico ci impone l'obbligo di garantire esecutivi stabili

Perché la nuova legge elettorale mette al sicuro anche i conti

Una legge elettorale dovrebbe coniugare la governabilità con la rappresentanza. Evidentemente è impossibile. È per questo che non esiste una legge elettorale perfetta: o si privilegia la governabilità oppure la rappresentanza. Fine delle discussioni.

Il problema italiano è che appena si pone l'accento sulla governabilità si viene immediatamente accusati di autoritarismo mentre la realtà è che è esattamente di questo ciò di cui c'è bisogno. Ci sono numeri che dimostrano che l'Italia è sostanzialmente ingovernata e un sistema elettorale che non ne prenda atto rischia di farci precipitare in (un molto democratico) caos politico.

La Banca mondiale stila ogni anno la classifica dei Paesi in base alla loro effectiveness, termine che può essere tradotto in italiano con «efficacia governativa», ovvero la capacità «effettiva» di un governo di governare. Beh, è tragico, ma l'effectiveness italiana è la più bassa tra quella dei grandi Paesi europei, come mostrano i grafici in queste pagine. La Germania ha un grado di effectiveness di 1,7 (su un massimo di 2), seguita dalla Gran Bretagna, con un indice dell'1,6, dalla Francia, 1,4, e dalla Spagna, 1,1. Basta un colpo d'occhio per capire che abbiamo un problema: il nostro grado di effectiveness è dello 0,5, pari a circa un terzo di quella che hanno i grandi Paesi europei. Nel 1996 l'indice era pari a 0,8, cioè la metà, mediamente, rispetto a quello degli altri, oggi siamo a un terzo. Il declino della politica italiana sta tutta in questi due numeri.

La legge elettorale è decisiva perché non possiamo permetterci un governo instabile, con scarsa effectiveness: ci si dimentica troppo spesso che l'entità del debito pubblico italiano ci impone l'obbligo di rassicurare i mercati sulla tenuta politica del Paese, indispensabile per garantire il rimborso del debito pubblico che, essendo soprattutto nelle mani di banche italiane, deve essere messo al riparo da fibrillazioni derivanti da incertezze politiche. In altre parole, il grado di effectiveness che il Rosatellum-bis riesce a garantire è decisivo per il futuro del Paese. Uno dei motivi della scarsa (eufemismo) efficacia del sistema politico italiano consiste anche nel fatto che piccoli, piccolissimi partiti riescono ad ottenere un ruolo all'interno delle istituzioni formidabilmente più grande della loro consistenza elettorale. Quello di Angelino Alfano è un caso di scuola. Il sito Truenumbers.it ha calcolato il peso specifico del partito del ministro degli Esteri nel sistema politico nazionale. Alfano, alle elezioni politiche del 2013, stava in Forza Italia; a novembre fonda Ncd. Sostituito, a marzo di quest'anno, da Alternativa Popolare. Alle europee del 2014, insieme all'Udc di Pierferdinando Casini, raccoglie il 4,38% dei voti. Ebbene: oggi Alternativa Popolare controlla il 14,03% dei posti di governo. Al di là delle indiscutibili doti politiche del ministro degli Esteri, è il sistema politico italiano che permette queste aberrazioni.

Nel campo del centrodestra, invece, sono due gli aspetti interessanti da notare. Il primo è che la battaglia contro l'Europa di Matteo Salvini pesca voti in un Paese molto (ma molto) anti-europeista: solo il 33% degli italiani si fida di Bruxelles. Peggio (o meglio, dipende dai punti di vista) di noi fanno solo la Repubblica Ceca e (comprensibilmente) la Grecia. L'Italia è ben 20 punti sotto la media europea del 53%, una media trainata verso l'alto dai Paesi del Nord Europa, tutti sopra la media. La divisione dell'Europa, quindi, non è solo economica ma anche geografica e dimostra che l'Europa a due velocità, nel sentimento degli europei, esiste già.

In questo senso l'europeismo tiepido di Fratelli d'Italia difficilmente riuscirà a scaldare gli animi anche perché Giorgia Meloni, oltre che con lo scavallamento a destra di Salvini, se la deve vedere anche con la statistica. Il sito americano specializzato in ricerche di mercato e previsioni matematiche FiveThirtyEight ha fatto la media dei più autorevoli sondaggi che hanno preceduto le elezioni politiche (o presidenziali) europee dal 2012 al 2017 confrontandola poi i risultati effettivi. Il risultato è che la destra estrema è stata quasi sempre sopravvalutata e, tranne che in rarissimi casi, non ha mai superato le previsioni dei sondaggisti.

Certo, poi capita che un leader come Alfano possa riuscire, con il 2,6% del quale è accreditato (Swg) a guadagnare quasi il 15% dei posti di governo. Ma questa non è politica, non è matematica, non è statistica. Questa è magia.

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