La storia, per così dire, non si ripete ma si vendica. Durante la scorsa legislatura, quando Berlusconi era al governo e la Casa delle libertà andava male nelle elezioni locali, da sinistra si levava un grido quasi unanime: dimettetevi. Adesso la stessa sinistra solleva il sopracciglio perché Berlusconi sta conducendo una campagna elettorale in cui ricorda al governo Prodi che se il trend delle elezioni locali, provinciali o comunali, seguitasse ad essere quello siciliano, allora si aprirebbe un problema di legittimità. Le due situazioni infatti erano e sono molto differenti: le sconfitte della Cdl nella scorsa legislatura corrodevano il suo amplissimo margine di consenso di partenza; erano un brutto segnale e infatti alla fine le cose andarono come andarono, anche se in maniera discutibile e non limpida. Ma è certo che nel quinquennio 2001-2006 le corrosioni smagrivano progressivamente un capitale di consenso spettacolare e non dubitabile.
Ma Prodi? Ha forse del grasso da spendere nel lungo digiuno elettorale come gli orsi in letargo? Certamente no: la maggioranza di fatto non cè in Parlamento (tanto che Prodi ha ormai messo in libertà le Camere, e specialmente il Senato i cui costi gravano sul contribuente oltre che sulla Costituzione) e purtroppo non cè nemmeno nel Paese. Se avesse una base parlamentare solida come quella che aveva Berlusconi dopo il 2001, allora non ci sarebbe nulla da dire: si potrebbero commentare amaramente le sconfitte della sinistra, ma senza poterle usare come un invito a fare le valigie. Ma la base parlamentare non cè e quella popolare è affidata non ai sondaggi - che possono essere dubitabili - ma alle urne che dicono la verità.
Di qui la differenza radicale tra quello che sostiene oggi il leader dellopposizione rispetto a ciò che gli veniva urlato quando era lui il primo ministro. Berlusconi dichiara di avere il diritto di vedere se la condizione unica e sola che certifichi la legittimità democratica esiste e si applica allattuale governo, oppure no. Infatti un governo dalla maggioranza parlamentare che si regge con lo sputo potrebbe rivendicare la sua legittimità mostrando la consistenza contabile del proprio sostegno elettorale nel Paese. E viceversa: un governo con una forte maggioranza parlamentare può tranquillamente infischiarsene se le elezioni locali, regionali e perfino europee vanno malino o malissimo ricordando che i conti che contano, se così si può dire, sono soltanto quelli finali delle legislative.
È così che Berlusconi ha deciso di giocare questa campagna nel ruolo di cane da guardia dei risultati locali e, ripetendo il buon vecchio modello di Catone con i fichi di Cartagine, ricorda che un eventuale test negativo in queste elezioni porrebbe un problema costituzionale e non si tratta di una faccenda propagandistica.
Ci sembrano, questa ostinazione e questa decisione, non soltanto ineccepibili ma espressione di un principio generale che tutela non una parte politica, ma la correttezza democratica nel suo complesso. Infatti che le cose siano così lo vede anche la sinistra moderata ridotta al silenzio e che sbuffa non vedendo lora di liquidare unesperienza infelice e imbarazzante per tutti.
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