
Il personaggio di Dracula non ha mai perso il suo fascino. Resiste al tempo, anzi, si rinnova di epoca in epoca grazie a registi e scrittori che ne perpetuano il mito già immortale. Per creare il suo celebre romanzo “Dracula” (1897), infatti, Bram Stoker attinse sia alla Storia che alla leggenda, fondendo la vita di Vlad III principe di Valacchia, detto “L’Impalatore”, con il folklore legato alla figura oscura, demoniaca del vampiro. Per qualche sorprendente coincidenza tale accostamento ha rafforzato e reso ancora più spaventoso il personaggio di Dracula creato da Stoker: da una parte abbiamo i racconti secolari e agghiaccianti sui “non-morti”, ancora oggi oggetto di studio da parte degli antropologi. Dall’altra c'è il mistero della morte e della sepoltura del voivoda Vlad, membro del celebre Ordine del Drago, rimasto senza una soluzione definitiva, ma tornato alla ribalta nelle ultime settimane, grazie a nuove scoperte.
Il drago e il diavolo
Vlad III (1431-1476 o 1477), voivoda (cioè principe e capo militare) di Valacchia, è tuttora un personaggio popolarissimo nella sua patria, la Romania, dove viene considerato un eroe nazionale grazie alle sue battaglie contro l’esercito ottomano e in difesa della religione cristiana. Già in vita si guadagnò la fama di uomo spietato, feroce e dopo la morte il terrificante soprannome di “Tepes” (la cui pronuncia è Tsèpesch), cioè “Impalatore”, che ha origine dall’abitudine di far uccidere i suoi nemici e, più in generale, chiunque disattendesse ai suoi ordini, attraverso l’impalamento.
Alla reputazione oscura di Vlad (e, come vedremo, al mistero della sua sepoltura) contribuì anche il suo patronimico, “Draculea”, derivato da “Dracul”, il soprannome del padre, Vlad II. La parola “drac” in rumeno vuol dire “drago” (“ul” è l’articolo determinativo). Quindi “draculea” significa “figlio del drago”. Un epiteto non casuale: Vlad II, infatti, faceva parte dell’Ordine cavalleresco del Drago, fondato dall’imperatore Sigismondo del Lussemburgo verso la fine del Trecento (la data esatta è oggetto di dibattito tra storici) per combattere la minaccia ottomana.
Solo che nella lingua rumena con il termine “drac” si intende anche il diavolo. Inoltre nell’iconografia ebraica e cristiana il drago è associato al male, al demonio e al serpente che tenta Eva nell’Eden. Così Vlad III divenne ben presto “il figlio del diavolo” e definito lui stesso un “diavolo” a causa della sua brutalità.
La sepoltura dell’Impalatore
Non conosciamo né la data esatta, né le circostanze in cui Vlad III morì. Secondo alcune versioni sarebbe stato ucciso durante una delle battaglie contro gli ottomani e, forse, sepolto in una zona sconosciuta, non lontana da Bucarest (secondo altre teorie, però, i suoi resti potrebbero essere stati bruciati o dispersi). Secondo un’altra ipotesi, formulata da un team di ricercatori dell’Università di Tallinn e riportata da Il Secolo XIX e da Il Mattino nel 2014, i turchi lo avrebbero fatto prigioniero e portato a Costantinopoli, dove sarebbe stato riscattato dalla sua presunta figlia, Maria Balsa.
Come precisa il Daily Mail quest’ultima, moglie del nobile napoletano Giacomo Alfonso Ferrillo, avrebbe portato Vlad III a Napoli e alla sua morte lo avrebbe fatto seppellire nella tomba del suocero, Matteo Ferrillo, ubicata nella Cappella Turbolo della Chiesa di Santa Maria La Nova. Sembra quasi il finale di un romanzo, ma cosa c’è di vero e quali sono le prove a sostegno di questa versione?
L’attenzione degli studiosi di Tallinn, degli italiani Raffaello e Giandomenico Glinni e di quanti credono che il principe Vlad III sia sepolto a Napoli è stata catturata da una misteriosa iscrizione presente nella Cappella Turbolo, la cui parziale decifrazione è stata resa nota nel giugno 2025. Stando a quanto riportato dall’Agenzia Ansa si tratterebbe di un elogio funebre del voivoda.
Ci sono, però, altri elementi, apparentemente strani e tutti da studiare, presenti sulla tomba della famiglia Ferrillo: il primo è il rilievo di un drago, che si ricollegherebbe all’Ordine del Drago. Il secondo riguarda la raffigurazione di due sfingi a proposito delle quali uno degli studiosi di questo mistero, Raffaello Glinni, citato da Il Mattino, ha dichiarato: “Ricordate che il conte si chiamava Dracula Tepes”. Sulla tomba “ci sono due simboli di matrice egizia mai visti su una tomba europea. Si tratta di due sfingi contrapposte che rappresentano il nome della città di Tebe, che gli egiziani chiamavano Tepes. In quei simboli c’è ‘scritto’ Dracula Tepes, il nome del conte. C’è bisogno di altre conferme?”. Per la verità la strada verso la dimostrazione delle teorie è ancora lunga e costellata di domande che attendono una risposta.
Tebe e Tepes
Vi sarebbero, poi, diverse precisazioni da fare: il drago, infatti, potrebbe non alludere al principe romeno, ma a Matteo Ferrillo poiché, come spiega il sito Nobili-Napoletani.it anche questi, proprio come Vlad, avrebbe fatto parte dell’Ordine del Drago. Inoltre non risulta che gli egizi abbiano mai chiamato “Tebe” con il nome “Tepes”. Semmai potrebbe trattarsi, come spiega Storica National Geographic, di un gioco di parole che si basa su una certa assonanza tra Thebas (Tebe) e Tepes. Ma si tratta di una supposizione dai contorni piuttosto vaghi e che comunque, per il momento, non è stata dimostrata.
È importante, poi, rammentare che il soprannome “Tepes” venne attribuito a Vlad, come riportano le fonti, tra cui History Extra. Questi non avrebbe mai fatto riferimento a se stesso usando tale epiteto. Sembra anche che la diffusione estesa del termine “Tepes” associato a questo personaggio sia iniziata solo un secolo dopo la sua morte. In ogni caso appare piuttosto bizzarro che la presunta figlia del principe abbia voluto ricordare il padre facendo incidere sulla sua (altrettanto presunta) tomba proprio quel soprannome che evoca sangue e brutalità.
Altra precisazione importante: Vlad III, personaggio storico, non era un conte, bensì un voivoda, cioè capo militare, governatore, condottiero dell’Europa centro-orientale (in seguito la parola voivoda, che deriva dallo slavo “vodit”, cioè guidare, fu associata al rango di principe. In russo, per esempio, esiste ancora il termine “vodit”, pronunciato vadìt, con il significato di guidare, condurre, accompagnare, nello specifico anche guidare la macchina). Il conte Dracula, invece, è il personaggio che Bram Stoker ha creato ispirandosi a Vlad III.
Il Codice La Nova
Molto interessante è il discorso che riguarda la misteriosa iscrizione rinvenuta nella Cappella Turbolo. Il Mattino spiega che il testo, chiamato "Codice La Nova", sarebbe stato composto usando diversi alfabeti: greco, latino, copto ed etiopico. Una specie di codice segreto. Gli studiosi si sono messi al lavoro per tentare di decifrare quello che sembra un vero e proprio rompicapo. Lo scorso giugno, rivela Il Messaggero, durante una conferenza a Snagov intitolata “La Dimensione Europea di Vlad l’Impalatore” lo storico Mircea Cosma, insieme allo studioso Cristian Tufan, capo del team di traduttori, hanno presentato i primi risultati delle ricerche.
Gli esperti, infatti, sarebbero riusciti a isolare alcune parole e frasi: “Vlad il sovrano dei valacchi”, poi “imperatore dei romeni e dei valacchi”, ancora “Michele VIII paleologo”, “è stato ucciso due volte”, “è scappato via”, “e visse di nuovo”, dai suoi nemici”, “e nel posto dove è stato sepolto”, “fu onorato come martire”, “se ne è andato in pace”, “lodando sempre Dio”. Qualunque conclusione, però, è prematura. Questi frammenti devono essere ulteriormente esaminati, inseriti nel loro contesto e collegati alla realtà storica. Un lavoro che richiede tempo e pazienza.
20 novembre 1480
Il Codice La Nova risalirebbe al 1480 e specificherebbe che Vlad III sarebbe morto proprio il 20 novembre 1480. Circa quattro anni dopo la data ipotizzata dalle fonti biografiche. Alcuni ritengono che i Ferrillo sarebbero riusciti a far credere che il principe fosse morto tra il 1476 e il 1477, forse per proteggerlo dai suoi nemici. Anche in questo caso, però, non ci sono dati certi, almeno per ora. Vi sarebbe solo un indizio suggestivo, anche questo da verificare, trovato dallo studioso Mircea Cosma.
Tra gli annali presenti nel Museo Nazionale di Storia in Romania l’esperto, ha spiegato Il Mattino, ha scovato una lettera datata 2019 e scritta da un abitante della città di Krems (Austria), il quale dichiara: “Dracula è scampato alla morte, sebbene fosse fatto ritenere morto”.
Ma c’è un altro problema: nel 2020, nella sua tesi di dottorato citata sempre da Il Mattino, la studiosa Viviana Castagliola ha sottolineato che il sepolcro di Matteo Ferrillo risalirebbe al 1499, circa vent’anni dopo la morte di Vlad III. Inoltre, in un primo momento, era stato edificato vicino all’altare maggiore, non alla misteriosa iscrizione. Di conseguenza, se davvero il voivoda è morto a Napoli nel 1480 circa, non può essere stato inumato nella tomba dei Ferrillo.
Maria Balsa
C’è un altro dubbio che attende di essere chiarito: le origini e il ruolo di Maria Balsa. Stando alle nuove teorie la nobildonna sarebbe la figlia di Vlad III e il personaggio chiave che collegherebbe il principe a Napoli. Tuttavia le fonti storiche sostengono che l’Impalatore avrebbe avuto solo figli maschi e che il padre di Maria fosse l’aristocratico albanese Goiko Balšič. Qualcuno potrebbe avanzare l’ipotesi che la Balsa fosse una figlia illegittima di Vlad III. Siamo, però, nel campo sconfinato delle congetture da dimostrare. Inoltre, almeno in apparenza, la teoria non sembrerebbe così convincente.
La comunità scientifica è divisa per quel che concerne la morte e la sepoltura di Vlad III.
Le perplessità sono molte, come pure i misteri da svelare e i dati da trovare e riordinare, ricordando sempre che non sono i fatti a dover corrispondere alle nostre aspettative. L’unica strada da percorrere è quella dell’indagine razionale, che potrebbe condurre a Napoli, oppure, semplicemente, riportarci dove tutto ha avuto inizio: in Romania.