Eutanasia o assassinio? La misteriosa fine di Giorgio V, nonno della regina Elisabetta

In un diario scoperto negli anni Ottanta sarebbe stata scritta la vera causa della morte del Re Giorgio V

Eutanasia o assassinio? La misteriosa fine di Giorgio V, nonno della regina Elisabetta

Per ventisei anni Giorgio V (1865-1936) fu sovrano del Regno Unito e Imperatore d’India. Spesso lo ricordiamo come l’amorevole nonno della regina Elisabetta. Giorgio, però, fu anche il Re che, nel 1917, cambiò ufficialmente il nome del suo casato da Sassonia-Coburgo Gotha in Windsor, a causa dei sentimenti anti-tedeschi del popolo britannico durante la Prima Guerra Mondiale. Di Giorgio VI si è sempre detto e scritto che morì “serenamente”, ma diversi decenni dopo la sua dipartita emerse una presunta, sconvolgente verità. Sua Maestà non sarebbe morto di malattia. Per la precisione, scrivono i tabloid, la sua fine sarebbe stata “accelerata”, scrivono i tabloid, da qualcuno che gli era molto vicino.

Un destino diverso

Giorgio V era figlio del principe Alberto Edoardo (futuro Edoardo VII) e della principessa Alessandra di Danimarca. Quando venne al mondo suo padre era ancora il principe di Galles, erede di quel trono su cui sedeva saldamente la regina Vittoria. Giorgio, però, non era destinato a regnare: aveva, infatti, un fratello maggiore, Alberto Vittorio, di soli 17 mesi più grande. Nonostante ciò i genitori dei ragazzi ritennero opportuno preparare come possibili successori, senza nessuna distinzione. Tutti e due prestarono servizio come cadetti sulla nave scuola HMS Britannia, ricorda il sito Hattons of London.

Nel 1892 Alberto Vittorio morì di polmonite e Giorgio divenne secondo in linea di successione dopo suo padre, che salì al trono nel 1901, alla morte di Vittoria. Il giovane si fidanzò con Mary di Teck, che era stata la promessa sposa di suo fratello, precisa la Bbc. Le nozze vennero celebrate il 6 luglio 1893 a St. James’s Palace. Quella tra Giorgio e Mary sarebbe stata un’unione riuscita. I due ebbero sei figli, tra cui il futuro Giorgio VI, padre della regina Elisabetta, il controverso Edoardo VIII e il principe Giorgio, deceduto in circostanze misteriose.

Giorgio V fu un uomo piuttosto severo, soprattutto per quanto riguardava l’educazione dei suoi discendenti e ligio al dovere. Il suo regno è ricordato come l’apogeo del potere e dell’espansione coloniale britannici. Il 17 luglio 1917 il sovrano cambiò per sempre il volto della monarchia britannica rinunciando al nome tedesco del casato ereditato dal principe Alberto, marito della regina Vittoria, ovvero Sassonia-Coburgo Gotha e scegliendo Windsor, in onore dell’omonimo Castello. Si trattò di una mossa politica per ingraziarsi i britannici, ostili alla Germania durante la Prima Guerra Mondiale (ricordiamo che, durante il conflitto, l’Impero britannico, la Francia e l’Impero russo, cioè le forze che componevano la Triplice Intesa, si opponevano alla Germania, all’Impero austro-ungarico e a quello ottomano).

Giorgio V, precisa il sito LineOfSuccesion.co.uk e Tatler, attuò anche un’importante riforma politico-familiare: il 30 novembre 1917, attraverso una lettera patente (provvedimento emanato dal sovrano con valore di legge, una sorta di corrispettivo del decreto governativo) Sua Maestà limitò il numero di reali a cui è consentito usare i titoli di principe e principessa e il trattamento di altezza reale. Da quel momento (il provvedimento venne pubblicato sulla London Gazette l’11 dicembre 1917) solo ai figli del sovrano regnante, ai figli dei figli maschi del sovrano e al figlio maggiore del principe di Galles sarebbe stato concesso il privilegio di tali titoli (nel 2012 la regina Elisabetta modificò il provvedimento, includendo tutti i figli del figlio maggiore del principe di Galles, che all’epoca erano Charlotte e Louis, poiché discendenti del principe William).

“Nonno Inghilterra”

Giorgio V aveva una grande passione: la filatelia. Dal 1896 al 1910, quando era ancora duca di York, divenne presidente della Royal Philatelic Society di Londra, come ricorda proprio il sito dell’organizzazione. Le rarità che era riuscito a scovare arricchirono enormemente la collezione della Royal Philatelic Society. Fu anche un nonno molto premuroso (forse fu più affettuoso come nonno che come padre): la futura regina Elisabetta lo adorava (ricambiata) e per lui, riporta Royal Central, coniò il soprannome “Grandpa England”, cioè “Nonno Inghilterra”. Sua Maestà, invece, inventò per la nipotina il nomignolo “Lilibet”, dice la Bbc, partendo dai tentativi della piccola Elisabetta di pronunciare correttamente il suo nome.

Per l’allora principessa il Re era un modello: apprese da lui il mestiere, diciamo così, di regnante. Fu Giorgio V a trasmetterle il senso della responsabilità e dell’abnegazione verso la monarchia. Elisabetta fece la sua prima apparizione sul balcone di Buckingham Palace quando aveva solo 14 mesi, il 27 giugno 1927, dichiara The Times. Accanto a lei, oltre ai genitori, c’erano proprio i nonni Giorgio V e Mary di Teck: presenze costanti che l’avrebbero accompagnata per un breve tratto della sua vita, insegnandole gran parte di tutto ciò che le sarebbe servito una volta diventata Regina, sebbene all’epoca neppure Elisabetta fosse destinata a salire al trono. Proprio come era accaduto a Giorgio V.

“Come sta l’Impero?”

Per la giovanissima Lilibet la salute del regale nonno era sempre una grande preoccupazione: dal 1928, infatti, il monarca soffriva di enfisema polmonare e pleurite, riporta il sito The Crown Chronicles. Il vizio del fumo non faceva che peggiorare la situazione. Tra l’altro il Re avrebbe sofferto di problemi respiratori dal 1915, dopo una caduta da cavallo. Il 15 gennaio 1936, racconta l’Express, Giorgio V si ritirò nelle sue stanze di Sandringham House a causa di un forte raffreddore. Non si riprese più. Morì alle 23:55 del 20 gennaio successivo, dopo aver trascorso cinque giorni in uno stato di semi-incoscienza. Alle 21:30, specifica il sito The Crown Chronicles i dottori avevano redatto un bollettino medico, spiegando: “La vita del Re si sta avviando serenamente verso la fine”.

L’allora primo ministro Stanley Baldwin, citato sempre dall’Express, rammentò i sempre più rari momenti di lucidità di Giorgio V: “Ogni volta che riprendeva conoscenza era per una richiesta gentile, o per una cortese osservazione di qualcuno, per alcune parole di gratitudine per la gentilezza dimostrata”. Infine avrebbe mandato a chiamare il suo segretario per chiedergli: “Come sta l’Impero?”. Il collaboratore avrebbe risposto: “Con l’Impero va tutto bene, signore”. Quelle sarebbero state le sue ultime parole prima di scivolare definitivamente nello stato di incoscienza che lo avrebbe condotto alla morte.

Il mattino seguente il capo del team medico, Lord Dawson of Penn, fece pubblicare sul The Times, il giornale preferito di Sua Maestà, l’annuncio ufficiale: “Il Re, che la scorsa notte si era coricato nel suo usuale stato di salute, è morto serenamente nel sonno questa mattina presto”. I giornali titolarono: “Una morte serena a mezzanotte”. Il decesso di Giorgio V, però, non sarebbe avvenuto per cause naturali.

“Una breve scena finale”

Nel 1986 vennero scoperti e pubblicati i diari di Lord Dawson, oggi custoditi nel Castello di Windsor. Tra le pagine di questi scritti il dottore, un sostenitore dell’eutanasia, come ricorda l’Express, avrebbe raccontato le ultime ore di Giorgio V, ammettendo di aver messo fine alle sue sofferenze: “Alle ventitré circa fu evidente che l’ultima fase poteva durare per molte ore, senza che il paziente se ne rendesse conto, in modo poco appropriato con la dignità e la serenità che lui di certo meritava e che esigevano una breve scena finale”, scrisse Lord Dawson. “Ore di attesa per una fine meccanica, quando tutto ciò che è davvero vita è scomparso, non fanno altro che logorare gli astanti e tenerli così tesi che non riescono neppure a usufruire della consolazione del pensiero, della comunione, o della preghiera”.

Infine la confessione: “Così decisi di stabilire la fine e iniettai (io stesso) tre quarti di grammo di morfina e poco dopo un grammo di cocaina nella vena giugulare dilatata. In circa un quarto d’ora il respiro [era] più calmo e l’aspetto più tranquillo. La lotta fisica era terminata”. A questo proposito c’è un dettaglio interessante menzionato dal sito The Crown Chronicles: l’infermiera che assisteva Giorgio V, Catherine Black, si sarebbe rifiutata di somministrare le sostanze al Re. Per questo il medico avrebbe deciso di agire di persona. Secondo la ricostruzione dell’Express, poi, nel 1950, cinque anni dopo la morte di Dawson, il suo biografo, Francis Watson, avrebbe avuto la possibilità di esaminare i diari. La vedova del medico, però, avrebbe chiesto allo studioso di omettere ogni riferimento alla morte del Re nelle sue future opere.

Il 12 dicembre 1986 Watson scrisse su History Today: “Forse all’epoca avrei dovuto includere [tali riferimenti] nel libro. Lady Dawson non voleva fossero inseriti e io fui subito d’accordo. Non pensai che fossero appropriati”. Nei diari verrebbe raccontata anche un’altra versione riguardante le ultime parole del Re. Il dialogo tra questi e il suo segretario sulla condizione dell’impero sarebbe avvenuto davvero, ma non si sarebbe trattato dell’ultimo momento di lucidità di Giorgio V. Dopo cena, infatti, un’infermiera (le fonti non dicono il nome) gli avrebbe fatto un’iniezione di morfina per aiutarlo a dormire meglio (iniezione che non ha nulla a che vedere con quelle fatali, praticate circa un’ora prima della morte). Forse percependo la puntura dell’ago il sovrano avrebbe ripreso conoscenza e rivolgendosi all’infermiera avrebbe esclamato: “Che tu sia maledetta”.

Eutanasia o assassinio?

Nei diari sarebbe stato riportato anche il presunto consenso della regina Mary e del principe Edoardo (futuro Edoardo VIII) a porre fine alla vita di Giorgio V qualora la malattia fosse incurabile. La sovrana e l’erede al trono non avrebbero voluto prolungare senza necessità le sofferenze del loro congiunto. Tuttavia negli scritti non è chiaro se siano stati Mary ed Edoardo a iniziare questo discorso, oppure se sia stato un suggerimento del dottore. Non viene neppure spiegato se Lord Dawson informò i reali in maniera dettagliata sul modo che avrebbe utilizzato per interrompere l’agonia del Re. Quello che oggi chiameremmo consenso informato.

Stando alle ricostruzioni di storici e tabloid Lord Dawson non avrebbe chiesto il consenso di Giorgio V (né prima che il Re si aggravasse, né durante i momenti di lucidità) per praticare le iniezioni fatali. Nel dicembre 1936, in un discorso alla Camera dei Comuni in favore dell’eutanasia citato dall’Express e dal sito Parliament.Uk, il medico disse che interrompere le sofferenze dei pazienti incurabili sarebbe una “missione di pietà” che non avrebbe bisogno di essere regolata ufficialmente, ma dovrebbe essere lasciata alla discrezione, alla coscienza del singolo dottore. Dawson spiegò: “Bisognerebbe rendere l’atto della morte più gentile e più sereno, anche se ciò comporta una riduzione della durata della vita…Se non possiamo curare, per l’amor del cielo, lasciateci fare il nostro meglio per alleviare il dolore”.

Alcuni storici, però, non sono affatto d’accordo con la posizione di Lord Dawson. Il New York Times riporta il parere di Kenneth Rose (1924-2014), biografo di Giorgio V, che dopo aver dichiarato di essere “inorridito” dalla scoperta della vera causa della dipartita del monarca, aggiunse: “Secondo me il Re è stato ucciso da Dawson”. Harold Brooks-Baker (1933-2005), giornalista e, puntualizza il Guardian, editore del Burke’s Peerage non credette neppure al fatto che Lord Dawson avesse informato la regina Mary e il futuro Edoardo VIII di quanto stava per fare: “La religione e il dovere governavano la sua vita. Non si sposò per amore ma per dovere e andava in chiesa diverse volte a settimana. I piaceri ordinari non avevano alcun ruolo nella sua vita, poiché non credeva che la vita potesse essere resa più facile, nemmeno nella morte”.

Quando vennero pubblicati i diari di Lord Dawson i tabloid chiesero l’opinione di Elisabetta II, curiosi di sapere cosa pensasse l’allora sovrana in carica di quanto accaduto all’amato nonno. Fu, come da prassi, un portavoce di Buckingham Palace a parlare, mantenendo l’usuale linea neutrale della Corona: “È successo molto tempo fa e tutte le persone coinvolte sono ormai morte”.

Stando a quanto riporta il New York Times ci sarebbe un altro dettaglio altrettanto discutibile: nei diari Lord Dawson avrebbe scritto di aver scelto l’orario delle iniezioni fatali modo che l’annuncio della morte di Giorgio V venisse riportato “sui giornali del mattino, piuttosto che sui meno appropriati giornali della sera”. A tal proposito l’ex presidente del Royal College of Physicians, Sir Douglas Black, sostenne che Lord Dawson avesse commesso un atto “malvagio” per un bene “marginale”.

Nel documentario di Channel 5 “George V. The Tyrant King” (2020) la biografa reale Angela Levin ha affermato che Lord Dawson avrebbe “manipolato” la situazione, orchestrando la morte del Re affinché la notizia finisse su The Times il mattino successivo. L’esperta Ingrid Seward ha spiegato: “La gente dice che [il medico] ha effettivamente ucciso il Re, è un dibattito controverso…di sicuro il team medico aveva più potere di quanto ne abbia oggi”, sottolineando che il sovrano sarebbe morto comunque.

Dickie Arbiter, ex addetto stampa della regina Elisabetta, propende per la tesi dell’eutanasia, pur sostenendo che la regina Mary non fosse d’accordo, poiché ciò andava contro i suoi principi religiosi. Arbiter, però, ha sottolineato: “Non sta a noi giudicare. Il Re sarebbe sopravvissuto? Probabilmente no.

Avrebbe sofferto? Senza dubbio sì”. Dopo circa un secolo la diatriba sull’eutanasia non è stata ancora risolta in maniera unanime, date le molteplici implicazioni etiche, religiose, sociali, giuridiche. Chissà se ci riusciremo mai.

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