Laria è calda e splende il sole, in questo 14 agosto dellanno di Grazia 1193. Il re di Francia Filippo II accoglie ad Amiens, in gran pompa, la sua promessa sposa. È Ingeborg, sorella di re Knut di Danimarca. Pochi lhanno vista in volto, durante le trattative fra i regnanti; tuttavia gli intermediari francesi hanno rassicurato il sovrano: è bella e nobile, i suoi modi acconci e il portamento regale. Gli apprezzamenti si sprecano, si rincorrono i commenti: sarà una sposa perfetta e si spera sia buona anche per lalleanza con la Danimarca, ovviamente in funzione anti-inglese. Ma soprattutto oggi è giorno di letizia perché si celebrano le nozze del re, e il regno di Francia si accende a festa.
Il sole splende e laria è calda ad Amiens. Lo sguardo di Filippo si posa sulla bianca bellezza di Ingeborg, ne ammira il profilo senza incertezze, gli occhi di cielo e le labbra composte, i fianchi che dovranno accogliere eredi e principesse. È una sposa perfetta, pensa in cuor suo, mentre la cerimonia prende corpo, si rallegra per le mani dei due che si uniscono, per i destini dEuropa che si fanno.
Per il giorno dopo, solennità dellAssunzione della Vergine, Ingeborg sarà incoronata regina. Da principessa e fidanzata a moglie e regina nel giro di due giorni: la vita sorride al fiore di Danimarca. Ma prima della corona ci sarà il talamo nuziale, lincontro tra il cavaliere spogliato di armatura e la sua dama, brividi come fiamme sulle lenzuola, anche se i chierici invitano a una certa moderazione...
Il 15 agosto la nobiltà di Francia si affolla per assistere allincoronazione della novella sposa. È un altro giorno di festa, se non fosse per quella strana tensione del re. Il rito ha inizio e Filippo sembra sbiancare. Il rito procede e il corpo del re manda scatti di nervosismo. Gli occhi di tutti si incrociano, una domanda si rincorre sui volti stupiti: cosa accade? Quando finisce la cerimonia, con Filippo fremente senza ritegno, Ingeborg viene caricata con mala grazia su una carrozza e confinata in un monastero fuori Parigi, mentre il re annuncia lincredibile: vuole lannullamento. Cosè accaduto?
Nessuno, a più di ottocento anni di distanza, sa con certezza cosa avvenne in quella notte. Sappiamo però che si aprì un contenzioso destinato a durare decenni insieme a una crisi internazionale tra Francia e Danimarca con il papato a far da giudice. Sappiamo che un concilio di prelati compiacenti avrebbe annullato il matrimonio nel 1194; che Filippo si sarebbe risposato nel 1196 con Agnese di Merano, destinata a morire nel 1201; che Innocenzo III si sarebbe opposto a una violazione così sfacciata del diritto. Sarebbe quindi arrivato linterdetto sul regno nel 1200 ma solo nel 1213 la regina e Innocenzo lavrebbero spuntata, con Ingeborg reintegrata nella dignità regale. E forse tutto derivò da quella prima notte di nozze, dove il maschio aveva conosciuto la donna. E qualcosa non aveva funzionato.
Nel Medioevo è questa - qui al livello più alto della società del tempo - una delle funzioni principali assegnate dalla Chiesa al matrimonio: sottrarre la donna (e la prole di cui è alveo) ai capricci del marito, alla fuga del maschio, il suo istintivo richiamo verso una pluralità di esperienze intra ed extra-coniugali. Studi importanti - per esempio quelli di Lucetta Scaraffia - mostrano questo volto del matrimonio medievale troppo spesso dimenticato o trascurato, persino da un fine conoscitore della società feudale come Georges Duby. Il quale, nei saggi riuniti in Medioevo maschio, ha il merito di leggere il matrimonio non solo come teoria ma anche come prassi. E di spiegare con chiarezza laltra grande novità del matrimonio cristiano-medievale: ovvero lunione libera e definitiva, tanto da essere riconosciuta come sacramento, tra due individui. Il matrimonio dunque fondato innanzi tutto sul consensus, il «consenso» tra i due sposi invece che sugli accordi tra le famiglie, lamore tra due anime come unione «tra due esseri e non due parentadi, due eredità, due reti dinteressi».
Laltro elemento che va poi temperato è il pregiudizio di sessuofobia che avrebbe attanagliato menti e penne dei chierici del tempo. Perché è vero, come ricorda Duby, che per il monaco la carne va sottoposta a privazioni e costretta a seguire la guida dello spirito, ma appunto ciò vale anzitutto per il monaco e il chierico e solo in secondordine e con molti aggiustamenti per i laici. Certo, il matrimonio è finalizzato a procreare e a farlo in certi modi, in certi tempi (nel senso dellanno solare) e senza abbandonarsi a spasimi simil-epilettici. Ma il godimento fu proprio di unetà che inventò lamor cortese inteso come ricerca dellamore «libero», cioè comunione di intenti e di anime, oltre che di corpi. Ne è spia la costante ripresa dellerotismo - riletto in chiave spirituale - del Cantito dei Cantici, mentre la prova migliore - sia pure tragica - fu la lotta continua (verbale, giuridica e anche militare) contro le eresie appunto sessuofobe, come quella dei catari che vedevano nel coito e nella procreazione il male incarnato.
Perché la grande promessa del fidanzamento prima (sponsalia per verba de futuro, ovvero «lo sposalizio con parole per il futuro», rescindibile in maniera consensuale) e delle nozze poi (per verba de praesenti, cioè il matrimonio vero e proprio, celebrato sempre più in pubblico e quindi con testimoni davanti alla chiesa per evitare liti successive) è quella di immettere i due fedeli nella dimensione del sacro attraverso la porta principale del dono di sé.
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