«Più degli omosessuali che sfilano mi danno fastidio le veline in tv»

«Abbiamo sostenuto il patrocinio al Gay Pride all’unanimità, perché viviamo in una città aperta alle soggettività, che non tollera ma valorizza le diversità. Non c’è stata neanche discussione». Maria Grazia Guida, vicesindaco, ex direttrice della Casa della carità, non ha avuto dubbi sull’opportunità del patrocinio alla manifestazione di orgoglio gay, lesbico e transessuale che oggi pomeriggio partirà da piazza Lima per concludersi in piazza Castello.
Come cattolica, sulla base della dottrina della Chiesa, non ha vissuto una difficoltà nel concedere il patrocinio a una manifestazione di orgoglio omosessuale?
«Perché, scusi, che cosa dice la Chiesa sugli omosessuali? Il Vangelo parla a tutti gli uomini, indipendentemente dal loro orientamento sessuale».
Non teme che si possa offuscare il valore della famiglia fondata sul matrimonio come valore non negoziabile e sancito dalla Costituzione?
«Noi pensiamo di offrire l’opportunità di creare famiglie attraverso la lotta alla precarietà, garantendo il lavoro ai giovani».
La sua giunta ipotizza l’istituzione di un registro civile per le coppie di fatto tra cui anche quelle omosessuali?
«Dal punto di vista sociologico la nostra città, pur riconoscendo la famiglia come valore importante e costituzionale, deve affrontare situazioni molto diverse. Ne dobbiamo tenere conto per tutelare le miriadi di forme in cui le persone condividono la vita. Non solo le coppie di fatto».
Da assessore all’Educazione, non pensa che il patrocinio delle istituzioni a una manifestazione di orgoglio gay possa confondere le giovani generazioni alle prese con il tema dell’identità sessuale?
«Non confondiamo le storie personali con il compito dell’amministrazione comunale che è quello di riconoscere una città aperta a tutti. È un tema di diritti e di rispetto. L’educazione va fatta a scuola e mi preoccupano di più alcune trasmissioni televisive».
A quali trasmissioni tv si riferisce?
«Penso a tutti i programmi con le veline. Questa abdicazione culturale al senso dell’identità femminile è un messaggio educativo pessimo. Serve una riappropriazione della funzione pedagogica. Non è certo il patrocinio al Gay Pride il problema».
Il Gay Pride è stato spesso teatro di offese al Papa, alla Chiesa, ai sacerdoti. Questo non rende poco opportuno un patrocinio istituzionale?
«Si prenderanno la responsabilità gli organizzatori. Altra cosa è pensare a una negazione dell’esistenza di certe realtà. Se pensiamo alle persecuzioni nei lager nazisti di persone ritenute pericolose per etnìa, religione. Serve uno scambio senza steccati».
A Milano gli omosessuali sono a proprio agio in tutti gli ambienti. Secondo lei c’è un problema di persecuzione o anche solo di discriminazione?
«Il Comune ha voluto dare il patrocinio. È importante riconoscere le persone indipendentemente dai loro orientamenti».
Non sono le manifestazioni e i registri delle unioni civili ad avere un sapore ideologico?
«Noi viviamo in una città che ha 190mila persone che vivono sole e sono una famiglia. Ci sono famiglie costituite da un anziano e dalla badante, con un rapporto di figliolanza e legame affettivo, e quando l’anziano muore la badante si trova in strada perché non ha il diritto di subentrare».


Pensa a tutele per tutte le persone che vivono insieme?
«Pensiamo anche a giovani studenti o colleghi di lavoro che vivono insieme, ho anche amiche suore che mi hanno detto: “siamo una famiglia di fatto”. Non possiamo non affrontare il tema delle tutele su casa e servizi. Non farei confusione con la famiglia».

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