«Più strade, ferrovie e università Così si vince la sfida globale»

Galassi, presidente di Confapi e ApiMilano, chiede alle istituzioni di aiutare le imprese: «È assurdo farci rubare i brevetti dai giapponesi»

(...) Rappresenta dunque il mondo della piccola e media industria milanese, protagonista di un’economia che genera il 10 per cento del Pil nazionale. In euro fa 138 miliardi. Un patrimonio manifatturiero che oggi vale il 13 per cento del valore aggiunto dell’industria italiana ed esporta il 13 per cento dell’export nazionale. Oltre 38 miliardi di euro.
Presidente Galassi, da dove le viene tanto ottimismo?
«Un piccolo segno, il parterre della Scala. È tornato quello di una volta, basta starlette. Politici, industriali, esperti di economia, ospiti di tutto il mondo. Finalmente un respiro internazionale».
Nonostante sei ore di Wagner.
«Meno fronzoli e più sostanza. Milano deve smettere di cercar di imitare Roma. Torniamo a essere milanesi. Con i nostri modi di essere e di ragionare, solo così l’economia ripartirà».
Basta la voglia per ripartire?
«No. Il rilancio parte dalle istituzioni».
E come stiamo a istituzioni?
«Il governatore Roberto Formigoni ha fatto un ottimo lavoro con il Tavolo per la competitività. Dialogo tra banche, imprese, istituzioni, università, sociologi per indicare dove devono andare le imprese. Un’ottima base di partenza, ma senza il popolo non si va da nessuna parte, Formigoni ascolti questa spinta dal basso».
Dia lei un consiglio.
«Università e impresa devono smettere di restare arroccate. L’istruzione italiana è ottima. Sono arrivati i giapponesi e hanno comprato decine di brevetti. Assurdo che ad approfittarne non siano gli imprenditori italiani».
Il mondo ormai è globalizzato.
«Da me al sistema informatico lavorano ingegneri indiani e sulla fusione quelli rumeni».
Sono più bravi o costano meno?
«In Romania grazie all’ex Urss c’era un’ottima scuola. Dobbiamo avere il coraggio di importare la cultura e le competenze che ci servono, oltre a lavoratori disposti a fare i lavori più umili».
E per battere Cina e India?
«Ricerca, prodotti altamente innovativi e di qualità. Ci sono nicchie di mercato sempre importanti. Milano sul terziario avanzato si è tarpata le ali».
L’immigrazione deve essere legata al lavoro?
«Assolutamente sì. Come in Svizzera o nel Nord Europa. Lavoro e rispetto delle leggi. Lì per poter entrare bisogna dare garanzie, spiegare come ci si mantiene».
Un tema legato alla sicurezza.
«Non si riesce a fare impresa senza la tranquillità per le proprie attività. Oggi lo Stato è assente, non c’è controllo del territorio, la politica si spacca».
E invece?
«Destra e sinistra litigano, ma non è questione di stranieri dentro o fuori. I politici devono capire che serve più forza allo Stato».
Cos’altro per le imprese?
«Infrastrutture per collegare il Sud al Nord e il Nord all’Europa. Strade e non voli per la Tunisia, una ferrovia con un sistema intermodale di carico. Ci saranno meno Tir sulle strade, meno smog, prezzi più bassi».
Tutto così ovvio.
«E invece i politici parlano di legge elettorale. Ma la gente sul giornale vuole leggere altro. Si discute tanto e invece bisogna partire. Già oggi saranno i nostri nipoti a beneficiarne».
A proposito di smog, a Milano arriva il ticket.
«Per l’impresa è sicuramente un problema. Io sono un chimico e non mi sembra un modo per risolvere. Una volta si bloccava il centro storico e la gente usava molto di più l’auto negli altri giorni. E lo smog aumentava».
Come se ne esce?
«Abbiamo un parco auto molto vecchio, gente che non ha i soldi per comprare una macchina nuova, caldaie per il riscaldamento che vanno ancora a nafta e a gasolio. Introduciamo nuova tecnologia più ecologica».
Malpensa rischia di chiudere.
«Una vergogna che non riesco a capire.

A meno che Prodi, prima di lasciare, non voglia fare un dispetto al Nord che non l’ha votato. Ma tolta Malpensa, l’Alitalia che fine fa?».
Dicono che due hub sono troppi.
«È il Pil dell’Italia che deve crescere. Poi due hub saranno indispensabili».

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