Più presenze, in meno spazio. Questo, a grandi linee, il trend che da ormai un anno e mezzo sembra caratterizzare il settore delle fiere non solo in Italia, ma nellintera Europa. A rivelarlo sono i dati forniti dal Comitato fiere industria (Cfi), lorganismo di Confindustria che riunisce 32 organizzatori e promotori di manifestazioni dedicate al settore industriale, con un portafoglio complessivo di circa unottantina di marchi fieristici, la quasi totalità dei quali può fregiarsi della qualifica di internazionale.
«La tendenza in atto, di gran lunga la più significativa tra quelle che si manifestano oggi nel nostro comparto, nasce come effetto della grande crisi del 2008-2009, che aveva visto un crollo verticale tanto nel numero degli espositori e dei visitatori quanto negli spazi espositivi occupati - spiega Franco Bianchi, segretario generale del Cfi . Dopo quel brusco scossone, a partire dalla seconda metà del 2010 le aziende si sono poco a poco riconciliate con lo strumento fieristico e oggi continuano a ritenerlo strategico per lo sviluppo del business e la loro internazionalizzazione».
Il progressivo recupero nelle presenze di espositori e visitatori professionali, anche e soprattutto stranieri, non ha però trovato pienamente riscontro in unanaloga risalita degli spazi espositivi venduti che, pur in lieve ripresa, hanno comunque chiuso anche il 2011 con un segno negativo.
«Questo fenomeno, a nostro avviso, ha un duplice significato prosegue Bianchi . In primo luogo, testimonia il superamento del concetto di fiera come espressione dello status e dellimmagine di unazienda. Supportate in questo anche dalle possibilità di comunicazione offerte dai moderni strumenti tecnologici, le imprese hanno compreso che è possibile garantire una presenza degna in fiera anche con stand di dimensioni più contenute. Va poi tenuto presente che, in seguito allemergere di nuovi e più appetibili mercati, le stesse aziende sono oggi sollecitate a partecipare a un maggior numero di manifestazioni fieristiche, non più solamente in Europa. Anzi, cè chi preferisce cancellare magari qualche presenza europea per privilegiare quelle in Cina, India o Brasile.
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