Il piano antideficit bocciato dalla Cisl

Marzio Fianese

Il piano di rientro dal deficit sanitario? Sembra diventato il «tiro a segno» sul quale si centrano le critiche che arrivano da ogni dove: dai sindacati confederali a quelli di base e autonomi, dagli imprenditori della Federlazio ai medici di famiglia, dagli «alleati» di Marrazzo alle forze di opposizione in Consiglio regionale. L’unica cosa certa, al momento, è che sarà un’impresa disperata, una corsa contro il tempo della quale faranno inevitabilmente le spese sia i cittadini del Lazio, sia gli operatori sanitari.
L’ultimo attacco al «piano», in ordine di tempo, arriva dalla Cisl. Secondo il sindacato, il documento predisposto dalla Regione Lazio per scongiurare l’aumento dell’addizionale Irpef dopo lo sforamento della spesa sanitaria nel 2005 è «lacunoso, socialmente insostenibile e rischia di penalizzare le Asl delle province del Lazio». È un giudizio secco quello della Cisl che per bocca del responsabile della sanità regionale Tommaso Ausili afferma: «Non è tagliando il 10% dei posti letto che si risana la spesa. Inoltre riducendo i posti letto l’organizzazione del lavoro non cambia, quindi meglio chiudere un reparto che tagliare in modo indiscriminato».
Per quanto riguarda la riduzione dei posti letto, tra l’altro, i conti della Cisl non tornano con quelli della Regione. «L’eccesso dei posti letto per ricoveri non viene seguito - afferma la Cisl - da un’analisi accurata sulla natura delle strutture ospedaliere né sulla tipologia degli enti titolari delle strutture stesse. Secondo i conti dell’Agenzia nazionale dei servizi sanitari (Assr) nel Lazio vi sono 30.012 posti letto (20.972 pubblici e 9.040 privati) pari a 5,77 per mille abitanti, di cui 4,77 per acuti e 1,12 (sempre per mille abitanti) per non acuti. Dei 20.972 posti pubblici 4042 sono delle aziende ospedaliere di Roma, 8.524 dei presidi ospedalieri a gestione diretta delle Asl, 3.743 sono di policlinici universitari e 2.094 degli Irccs. Da qui emerge - sottolinea Ausili - che il rapporto personale-posti letto è di 3,39 contro la media nazionale di 2,75; il rapporto dimessi per medico in servizio è di 69 contro 100 di media nazionale o, ancora, che il costo medio per ricovero è di 5.717 euro contro i 3.735 euro della media nazionale. E, ancora - spiega Ausili - o costo medio per posto letto è di 257.066 euro contro una media nazionale di 183.291 euro». Una situazione «che non è minimamente rilevata dal documento della Regione». La Cisl punta il dito in particolare sulla situazione romana dove «sono le tre aziende ospedaliere, il San Filippo Neri, il San Giovanni e il San Camillo - a drenare maggiori risorse grazie alla loro totale autonomia che in cambio di una bassa redditività».
Ma non solo. Roma viene messa sotto accusa anche per non avere provveduto «all’adeguamento dell’anagrafe della città al censimento 2001. Ci sono 270mila cittadini non censiti ma presenti nell’anagrafe del comune - spiega la Cisl - ciò priva la Regione di milioni di euro (1.400 euro per ognuno dei 270mila cittadini) provenienti dalla ripartizione nazionale a cui va aggiunta la spesa che il sistema sanitario sostiene per l’assistenza di questi cittadini fantasma».


La Cisl ricorda anche che «la produttività delle strutture a diretta conduzione delle Asl è di gran lunga superiore (85 dimessi per medico) rispetto a quella delle strutture delle aziende ospedaliere (69 dimessi per medico)». Per il sindacato confederale, inoltre, la Regione favorisce le strutture private nel meccanismo di «determinazione delle tariffe dei ricoveri ordinari ospedalieri».

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