«Sono nato a Genova più o meno il 14 settembre del 1937», dice ridendo Renzo Piano. «Mio padre, da buon costruttore, era sempre sui cantieri, e ha registrato la mia nascita quando ha potuto, con lapprossimazione del muratore». Unapprossimazione che certo non appartiene allarchitetto Piano: la mostra «Le città visibili» che da domani alla Triennale di Milano festeggia i suoi 70 anni, è unepifania di progetti fondamentali per larchitettura contemporanea.
«Spalancando le finestre degli spazi della Triennale disegnati da Muzio nel 1933 si scopre la bellezza e la solarità di quel luogo, immerso nel parco, e anche se pare un controsenso dire che unarchitettura fascista è magica, è proprio così», dice. Le immacolate sale di Muzio accolgono più di ottanta progetti su grandi tavoli, dove si può osservare il lavoro di Piano dagli schizzi ai modellini di lavoro ai progetti conclusi. Sculture aeree di dettagli architettonici volano sulle teste del visitatore. Sono pezzi reali, piccole porzioni di progetti, come le travi per il Kansai International Airport a Osaka, o le grandi «V» del Santuario di Padre Pio. Tutto è invaso di luce e leggerezza, cifre fondamentali per larchitettura di Piano. Che è sì internazionale, ma sempre genovese danimo, e cerca di mettere un po dacqua in tutti i suoi progetti.
«In Triennale - spiega - ho trasferito la mia bottega con lidea di mostrare non larchitettura, bensì il processo del fare larchitettura, ponendo lattenzione ai due temi fondamentali di questo periodo: le città e lenergia. Cè unattenzione nuova alla sostenibilità dellambiente e della città che non è solo da tecnici ma che va ad alimentare lispirazione dellarchitettura di oggi con più forza rispetto al passato. Il rinnovarsi del linguaggio è legato ai contenuti, si dà allarchitettura un contenuto più sociale ed etico legato alla fragilità del mondo. Si arricchisce il lavoro di contenuti scientifici e al contempo si sviluppa un linguaggio fuori dallaccademia che aderisce ai temi. Questo si vede in particolare nel lavoro che stiamo facendo a Sesto San Giovanni sullex area Falck con Carlo Rubbia e altri scienziati, lavorando tra laltro sul trasporto a idrogeno, sulluso della geotermia».
Grandi temi, ma un approccio al lavoro che non è mai cambiato nel tempo. I riti di iniziazione al progetto sono sempre uguali: «Non ho mai fatto un progetto senza prima aver visitato il posto a lungo, passeggiando e prendendo appunti. Per il lavoro del Centro culturale Jean-Marie Tjibaou, a Nouméa, Nuova Caledonia, costrinsi mia moglie ad andare fin laggiù per fare una passeggiata di due giorni. Ad Osaka stetti su un barca in mezzo al mare. Il rito consiste nel catturare il Dna, il piccolo genius loci, e poi parlare, ascoltare la gente. Ascoltare è unarte che nessuno impara a scuola, soltanto la vita te la insegna. Poi prendere, rapinare qui e là senza nasconderti». Anche se Piano ha spesso «rubato» a se stesso, come si può vedere dai progetti in mostra. A esempio il progetto del 1971-1973 per gli Uffici B&B Italia, a Novedrate (Como), era un Beaubourg bonsai che trovò poi grande sviluppo a Parigi, sperimentazione in tempo reale di quel che sarebbe poi diventato un trade-mark dellarchitettura.
Larchitettura, per Piano, è fatta di «pezzi», si parte sempre da un «pezzo»: è il retaggio dellessere costruttore e anche allievo di maestri come Marco Zanuso e Franco Albini. «A esempio per la nuova sede del New York Times il pezzo è una piastrella di ceramica che protegge dallimpatto solare senza far ricorso a vetri oscuranti. Ne abbiamo messe sulledificio 365mila. Per la Menil Collection, un museo realizzato a Huston, in Texas, più di ventanni fa, il pezzo era la foglia, un elemento di vetrocemento che aveva lo scopo di far entrare la luce solo da Nord, lasciando le opere immerse in una luce naturale». Fulvio Irace, curatore della mostra, dice: «Piano è stato colui che maggiormente ha dato la dimostrazione di un metodo e di una poetica per trasformare la città da industriale a post-industriale. Bisogna smettere di considerare Piano un architetto high tech. Non appartiene allhigh tech. Quando utilizza la tecnologia questa non è mai visibile, è sempre un servizio allinterno. La vera matrice importante dei progetti di Piano è urbana. Fin dai tempi del Beaubourg è il tentativo di rappresentare attraverso il frammento darchitettura un progetto in cui la città si ravviva. Gli edifici di Piano hanno una personalità ben definita ma non iconica, come quelli di alcuni suoi colleghi contemporanei. Larchitettura per lui non è una pratica artistica che deve diventare landmark. Piano parte dal sito, il suo progetto riassembla soluzioni già sperimentate in altre condizioni perfezionandole, essendo immune da quellansia di prestazione di dover dare un segno nuovo. E ciò spiega anche la grande affidabilità e serenità che danno le sue costruzioni. Non è unarchitettura isterica, riafferma il primato dellurbanità rispetto a quello dellarchitetto, strumento per risolvere problemi e non crearne altri».
In mostra si trovano molti progetti italiani meno popolari di altri, ma che testimoniano la presenza sul territorio del lavoro di Piano: Genova, Lodi, Alessandria, Torino, Otranto, Cusago, Cagliari, Sestrière, Maranello, Parma, Milano.... Già, Milano. Parlando dei suoi anni milanesi Piano la definiva «scoppiettante e generosa». La trova ancora così? «Ne parlo con grande indistruttibile affetto, ma era una città attenta e lucida. Non mi pare ancora così. Se dovessi dare una ricetta per il miglioramento della città affronterei il problema della circolazione in maniera diversa, puntando sul trasporto pubblico. Bisogna decidersi: più si investe nel trasporto privato, costruendo tunnel e parcheggi, più la città si attrezza per il trasporto privato. Bisogna riflettere bene sulle scelte per il futuro. Più in generale è venuto a mancare il fervore attorno a unidea forte e chiara con impianto morale relativa alla forma stessa della città.
PIANO Larchitettura fatta a pezzi
Da domani alla Triennale di Milano una grande rassegna dedicata alle sue opere. Basate su una filosofia da costruttore. Che qui illustra
Commenti
Pubblica un commento
Non sono consentiti commenti che contengano termini violenti, discriminatori o che contravvengano alle elementari regole di netiquette. Qui le norme di comportamento per esteso.