Pianoforte, violoncello e una voce così Anna Maria Castelli seduce

L'impatto è notturno, con quella voce di donna che ti raggiunge a folate, come un volo di pipistrelli destati dal primo raggio di sole. Una voce che spesso recita e talvolta canta. Un canto profondo e denso di sospiri. A volte roco, a volte con inflessioni di contralto, a volte talmente debole da perdersi tra l'intrecciarsi degli strumenti, che le fanno da sfondo.
Strumenti antichi, niente di tecnologicamente avanzato. Ci sono un pianoforte, un violoncello, una fisarmonica, una chitarra e qualche percussione, affidati rispettivamente a Oscar Del Barba, Salvatore Maiore e Simone Guiducci. Un concertino che richiama in qualche modo alla mente certa musica barocca per voce sola ed orchestra.
Ma è sempre lei, la voce, a destare turbamento. Anna Maria Castelli a quella voce deve aver dato forma nell'oscurità della fucina della vita, dove tra masse di tenebre si batte e ribatte sullo strumento incandescente che si trasformerà per l'interprete nel pugnale con cui trapassare l'anima di chi ascolta.
Perché colui che ascolta, prima o poi, finisce per condividere almeno in parte la condizione esistenziale di chi canta. Una misteriosa affinità elettiva congiunge i due poli del messaggio musicale e li lega in maniera talmente stretta che niente e nessuno da allora in poi riuscirà a districarli. Anche perché, come recita il titolo del Cd, è sempre la stessa canzone. La canzone della vita. Con i suoi momenti magici, ma anche con le sue magiche disperazioni, i suoi propositi di farla finita e poi, subito dopo, con la sua volontà di ricominciare. Anna Maria Castelli ha raccolto sotto questa chiave di lettura, tredici brani musicale che hanno scavato un solco profondo nella storia della musica leggera italiana e non soltanto italiana.
E questo perché tutte le canzoni sono state scritte o interpretate da cantautori francesi, che hanno fatto parte della cosiddetta «scuola di Marsiglia». Una palestra di talenti che ancora dettano legge nel mondo, ma che l'Italia ha quasi del tutto silenziato, come si silenzia la vera poesia e la vera musica, che spesso non si può o vuole comprendere.
La rilettura di Anna Maria Castelli acquista così due dimensioni, quella lirica e quella polemica, che poi finiscono per confluire nel medesimo, accorato sentimento di una vita che fugge e si perde tra le mani come i grani d'una manciata di sabbia. Colta lì, alla presenza del vecchio mare Mediterraneo, cinico quanto indifferente alle peripezie del cuore umano.
Da Conte a Tenco, da De André a Fossati sino a Bindi e Paoli, la Castelli reinterpreta musica e testo poetico con tale immedesimazione da rivelare agli stessi autori quanto gli stessi autori avevano solo implicitamente compreso.

Il suo scavo si concretizza in una sorta di archeologica presa di coscienza dell'ispirazione originaria, capace di ridare freschezza e novità a canzoni levigate e banalizzate dalla consuetudine.
Anna Maria Castelli, C'est toujours la meme chanson, Life edizioni musicali, 2005, Sarzana.

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