E pensare che erano stati proprio gli organizzatori della manifestazione a esprimere la volontà che al corteo contro le mafie non ci fossero simboli, bandiere e candidati politici. Ma soltanto le associazioni e la gente che da anni si battono contro la criminalità. Invece... Invece ieri mattina, in piazza insieme ai giovani arrivati da tutta Italia, ai familiari delle vittime assassinate dalla malavita, ecco sfilare anche i candidati della sinistra, Filippo Penati, Vittorio Agnoletto e Savino Pezzotta. Come se la giornata nazionale in memoria di quei 900 morti uccisi dalla criminalità fosse una passerella elettorale. L’unico assente è Roberto Formigoni. «Ho rispettato la richiesta fatta direttamente a me dagli organizzatori che nessuna bandiera, nessun simbolo e nessun candidato fossero presenti in piazza. Stupisce che altri candidati e altri partiti politici non abbiano rispettato questa volontà». Chiamato in causa, Penati prova a giustificarsi: «Non ho l’abitudine di imbucarmi alle manifestazioni. La mia presenza al corteo di Libera contro tutte le mafie è stata comunicata con anticipo agli organizzatori».
E però, per lui, c’è il tempo durante la sfilata di accennare a un registro per la trasparenza degli eletti che suona tanto come uno spot alla vigilia delle regionali. Il copione si ripete anche per Agnoletto e Pezzotta che riescono a strappare entrambi un lancio alle agenzie di stampa con le loro proposte. Ma non doveva essere una manifestazione senza bandiere? Per fortuna ci sono gli altri partecipanti, gli studenti delle scuole, centinaia di boy scout e mamme, padri, fratelli di chi ha perso la vita per colpa della mafia. Sono centocinquanta mila, dicono gli organizzatori e piazza del Duomo sembra non contenerli nemmeno tutti. I parenti si siedono in prima fila, portano al collo le fotografie dei loro cari in attesa che venga fatta giustizia. «È dal 1989 che attendiamo giustizia - racconta la signora Spiega che ha perso un figlio e la nuora in un agguato della mafia a Palermo -. Non sappiamo ancora chi è stato». C’è anche il figlio di Pietro Sanua, freddato a Corsico 15 anni fa. «Mio padre si occupava del racket dei fiori. Non c’è stato un processo. Sono qui per chiedere giustizia e libertà, l’unico modo per combattere la mafia è fare queste manifestazioni». Un minuto di silenzio per ricordare le vittime e poi la lettura dei 900 nomi. È il momento più toccante, quello in cui la piazza si commuove, le madri stringono le foto dei figli e gli applausi rompono il silenzio. Sul palco, la moglie di Ambrosoli, quella del giudice Antonino Caponnetto, Simona Dalla Chiesa, Bendetta Tobagi, il figlio di Giuseppe Fava. Ci sono anche tanti politici, Veltroni, Ferrero, De Magistris, Di Pietro che spara a zero contro il governo, la manifestazione del Pdl a Roma e dire che Milano è prima in tutto, nel sistema di riciclaggio e della connivenza fra criminalità e politica. Sale sul palco per leggere i nomi delle vittime e inciampa in quello della Politkovskaja. «Il modo vero di fare memoria è impegnarci di più tutti e tutti i giorni. Il rispetto e la pratica delle leggi deve essere esercitato da tutti» spiega don Ciotti, fondatore di Libera.
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