Caro Granzotto, a sinistra ancora si accapigliano sullo show di piazza Navona. Lei, cosa ne capisce? È stato un successo o la tipica «zappa sui piedi»?
Sul sicinno di piazza Navona mi ero imposto la sospensione del giudizio, caro Greco. E questo perché nessuna delle voci pro e contro - da Ezio Mauro a Marco Travaglio, da Curzio Maltese a Furio Colombo - mi sembrava, vogliano scusarmene gli interessati, abbastanza autorevoli. In piazza Navona confluì la quintessenza della sinistra, si adunò quello che tranquillamente potremmo definire il bosone di Higghs della sinistra (il bosone di Higghs, detto anche «particella di Dio», avrebbe dato alla materia la sua massa). E tutto ciò che è bosonico necessita di un interprete di altissimo rango, di uno che sia bosone esso stesso, tanto per capirci. Bene, laltro ieri il bosone finalmente parlò, chiarendomi assai le idee. Chi sia è presto detto: Paolo Flores dArcais. Loracolo della sinistra, colui che vede, provvede e indica con mano sicura la via. Un cervello affilato come lama di mannaia, una scoppiettante intelligenza al cui primato sinchina non dico un Veltroni, ma addirittura un DAlema, che pure è accreditato come intelligentissimo. Dice il bosone che le critiche stanno a zero perché quello di piazza Navona è stato un successo. Anzi, un successone. Dice ancora, il bosone, che in piazza, «stipata modello sardine», cerano, bosonicamente sfidando la legge dellimpenetrabilità dei corpi, oltre 100mila persone. Come vi si fosse assembrata tutta la popolazione di Bergamo, quella «de sùra» e quella «de sòta». E che altri saccalcavano nelle vie circostanti, impossibilitati comerano «a entrare» in piazza Navona (linguaggio bosonico. È ovvio che in una piazza non si entra, caso mai vi si accede). Centomila e passa gagliardi - «venuti da città lontane, perfino dalle isole» - che testimoniavano «lindomita volontà» di non rimandare «il loro grido di libertà e di dignità». Diciamo quindi che come massa critica ci siamo. La parte sana della nazione era rappresentata alla grande, isole comprese. In quanto ai contenuti, ecco qua: tre ore di alta politica, di partecipazione civile al calor bianco. Guzzanti? Grillo? «E le straordinarie poesie incivili di Camilleri?» ribatte il d'Arcais. «E le vere lezioni di democrazia poetica di Moni Ovadia e Ascanio Celestini?». Democrazia poetica, caro Greco. Ascanio Celestini, caro Greco. Roba fina, Viagra ideologico in grado di ringalluzzire una sinistra tutta «conformismo e passività», cioè moscia. E per tornare a Beppe Grillo, embé? Ha portato il suo saluto «e che Grillo porti un saluto alla Grillo mi sembra una tautologia». E la Sabina Guzzanti? Ma santa pazienza, «lo stile di Sabina appartiene ad un genere cattivissimo che negli Usa ha pieno riconoscimento di legittimità». Daccordo che «la democrazia Usa è da tutti ipocritamente portata a modello», mentre è un cesso di democrazia, però sul genere «cattivissimo» fa giurisprudenza. E Travaglio? Uffa, che noia, sbotta il dArcais, ma andatevi a rileggere «le argomentazioni sulla differenza fra offesa e critica» che il Travaglio medesimo «analiticamente» ha messo in chiaro e piantatela lì. Perché è di unevidenza bosonica che ciò che Travaglio dixit.
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