Antonio Signorini
da Roma
Non sono bastati i tentativi di «sedare» la manifestazione, come quelli della Cgil che ha inutilmente invitato le proprie strutture a non partecipare. E neppure lannuncio a sorpresa che il governo limiterà, come vuole la sinistra radicale, luso dei contratti che regolano il lavoro a tempo, anche contro la volontà di sindacati e imprese. La manifestazione contro il precariato si è svolta senza incidenti, ma ha provocato quasi tutti i danni immateriali che si volevano evitare: legge finanziaria sfiduciata, attacchi personali al ministro del Lavoro Cesare Damiano e un messaggio che suona come un diktat: labrogazione della legge Biagi.
«È stata una manifestazione pacifica non contro il Governo ma contro il precariato», ha assicurato il premier Romano Prodi a fine manifestazione.
Ma la piattaforma sulla quale si sono dati appuntamento migliaia di militanti del vasto arcipelago della sinistra radicale - da Rifondazione comunista al Pdci fino ai Verdi e ai comunisti di Ferrando, i Cobas e un pezzo di Cgil, metalmeccanici della Fiom in testa - parla chiaro. E prende di mira la finanziaria del governo di centrosinistra che ha dato risposte «insufficienti, in alcuni casi sbagliate o del tutto assenti», rispetto alle richieste del comitato «Stop precarietà ora».
Il presidente del Consiglio ha assicurato che il governo sta andando proprio nella direzione indicata dai manifestanti. E come esempio ha indicato limpegno «per ridurre il precariato, per utilizzarlo solo nelle situazioni in cui è assolutamente funzionale», dando involontariamente ragione a chi ha interpretato il giro di vite sui contratti a termine annunciato venerdì dal ministro Damiano e aspramente criticato da Confindustria, Cisl e Uil, come un cedimento alla piazza.
In ogni caso ai radicali quello che è stato fatto fino ad oggi non basta e ieri è arrivata la richiesta di unulteriore sterzata a sinistra con un bersaglio preciso: la legge Biagi. La manifestazione, ha sintetizzato il sottosegretario allEconomia Paolo Cento, «è per chiedere al governo più forza per abolire» la riforma del lavoro varata dal governo Berlusconi. Prodi, ha aggiunto lesponente della sinistra Cgil Giorgio Cremaschi, «faccia come Chirac e cancelli la legge 30».
Un invito che il premier e il ministro del Lavoro faranno fatica a ignorare, vista la forza dimostrata dalla sinistra «di lotta e di governo» che è stata in grado di far sfilare accanto a Cobas e centri sociali, un bel pezzo di esecutivo. Oltre al verde Cento, cera il sottosegretario al Lavoro Rosa Rinaldi (Prc), quello alla Salute Giampaolo Patta (Pdci), quello allo Sviluppo economico Alfonso Gianni e il viceministro agli Esteri Patrizia Sentinelli (entrambi Prc). Non cera fisicamente il ministro alla Solidarietà sociale Paolo Ferrero, che però ha chiesto allesecutivo di «ascoltare la voce dei manifestanti».
Unoperazione dietro alla quale molti hanno visto la regia di Fausto Bertinotti. E non è stato un caso che il ministro del Lavoro abbia annunciato di aver «manifestato amarezza per la manifestazione» proprio al presidente della Camera. Amarezza anche per le frasi del collega Ferrero, secondo il quale Damiano ha fatto poco contro la precarietà. Ma a fare infuriare il ministro del Lavoro ed ex esponente della Cgil è stato soprattutto il fatto che ad un corteo al quale partecipavano membri del governo cera anche uno striscione dove si ripeteva la stessa frase del volantino firmato Cobas che aveva fatto scoppiare il caso-manifestazione dentro la maggioranza e nella Cgil («Damiano servo dei padroni. Vattene»). Il ministro è stato bersagliato anche da altri striscioni, come quello dei precari dellAthesia che lo accusano di avere fatto una sanatoria pro-precarietà con la finanzaria e da qualche slogan. Un linguaggio, ha protestato Damiano, «che ricorda il periodo buio degli anni Settanta e Ottanta».
Chi ha usato toni più moderati è stato il segretario generale della Fiom Claudio Rinaldini secondo il quale la manifestazione è servita a indicare che «in campo non cè solo Confindustria» e che «la questione sociale è prioritaria».
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