Picasso e Kafka in punta di matita

Le graphic novel arruolano grandi personaggi per creare nuove storie. E l’«Hugo Cabret» di Selznick sperimenta il «muto» come al cinema

Quante storie inedite siglate da maestri del noir si sono perdute nei magazzini di Hollywood? Si potrebbe realizzare un thriller sul mondo delle sceneggiature fantasma, spesso favoleggiate e talora scritte davvero ma bocciate dagli Studios e finite nel dimenticatoio. A questa singolare categoria di testi appartiene Playback di Raymond Chandler, progetto che vede oggi la luce sotto forma di graphic novel realizzata dai francesi Ted Benoit e François Ayroles ed edita dalle Edizioni BD.
Quando Chandler cominciò a lavorare a questa idea il suo Marlowe era già un personaggio di successo e lui era già diventato sceneggiatore cinematografico della Paramount, per la quale aveva siglato un blockbuster come La fiamma del peccato. Così, nel Natale del ’44, consapevole di quanto potessero valere a Hollywood i suoi testi, Chandler si mise a lavorare contemporaneamente a due progetti: La dalia azzurra e Playback. Di quest’ultimo scriveva: «Può sembrare un’idea sullo stile Grand Hotel, ma non è veramente così. Racconta di come l’arrivo di una giovane donna \ agisca da catalizzatore su un gruppo di persone che, senza di lei, avrebbero continuato a vivere come se niente fosse».
Chandler sapeva ovviamente di giocare d’azzardo nel proporre una storia che «raccontava la settimana più importante nella vita di una ragazza che decide di trascorrerla nella suite d’albergo, sotto falso nome, accettando senza fiatare tutto ciò che le succede, per poi gettarsi dal balcone». Ma sapeva altresì che il suo agente H.N. Swanson avrebbe fatto di tutto per far ulteriormente lievitare il prezzo sul mercato di qualsiasi opera firmata dal suo assistito. Gli Studios accordarono così piena fiducia allo scrittore, il quale ottenne non solo carta bianca sui contenuti, ma anche un cospicuo aumento. Purtroppo però il progetto Playback era destinato a naufragare. Chandler sino al ’46 non riuscì a produrre un trattamento soddisfacente del suo soggetto originale e impiegò tutto il ’47 per realizzare una sceneggiatura che lo soddisfacesse in pieno. Quando alla fine consegnò la sua versione definitiva di Playback, il mercato hollywoodiano era travolto da un ciclone di crisi produttiva e la sua storia venne accantonata.
In realtà, come scopriranno i lettori del fumetto realizzato da Benoit e Ayroles, Playback non è affatto un’opera minore. Si tratta di un «Raymond Chandler puro - come spiega lo scrittore Alan D. Altieri nella postfazione alla graphic novel -: la bella in pericolo, il ricco minaccioso, il detective etico, il bellimbusto autodistruttivo, il padre vendicativo. Ognuno di loro è una pedina nelle mani del Fato, fino a una conclusione amara ma anche ineluttabile». Benoit e Ayroles nella loro narrazione in bianco e nero sono molto fedeli alla sceneggiatura di Chandler e riescono a reinterpretarne in pieno lo spirito con una scelta grafica che rimanda direttamente al linguaggio del cinema degli anni Quaranta ma anche a quello dei comics di quel periodo realizzati da autori doc come Alex Raymond, Bob Kane, Phil Davis. E se Chandler non si fece scrupoli nel rielaborare parte della trama di Playback per costruire il romanzo Ancora una notte (con protagonista Philip Marlowe), molto probabilmente non avrebbe accettato così facilmente che quella stessa storia venisse rielaborata in un fumetto.
I comics infatti non lo avevano mai convinto, anche se alcuni suoi colleghi avevano cominciato ad adattare con entusiasmo le loro storie a quel formato e a quel linguaggio.

Quando il disegnatore Mell Graff (che sulle pagine dei giornali di Hearst aveva proseguito con successo le strisce dell’Agente Segreto X-9 creato da Dashiell Hammett) propose ufficialmente al maestro del noir americano di scrivere una serie a fumetti ispirata alle avventure del Philip Marlowe, proponendo di coinvolgere come disegnatore Chester Gould (il papà di Dick Tracy), la risposta di Chandler fu perentoria: «Inutile girarci troppo intorno: innanzitutto non ne sarei capace e comunque non lo vorrei fare nemmeno se lo fossi. Credo che il personaggio di Marlowe abbia toccato il fondo. Se le cose continuano così, presto il suo nome sarà usato per reclamizzare una nuova marca di preservativi. Non ho progetti tanto ambiziosi, per lui!».

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