Di Pietro dà ragione al Giornale: «Fini deve mostrare le carte»

Roma«Pensa un po’ che mi tocca difendere pure Il Giornale!». Chi l’ha sentito in diretta ha sospettato che da un momento all’altro il soffitto dello studio di Rainews24 si spalancasse su Antonio Di Pietro e su Corradino Mineo. O che entrambi scomparissero nello schermo dissolti nel tubo catodico. Una frase del genere è apocalittica, un proclama da invasione degli extraterrestri su Roma. Tonino che difende Il Giornale. E invece niente di fantastico è accaduto. Di Pietro l’ha detta così testuale, la battuta, ieri mattina, mica per fare il burlone. C’è una serietà di fondo dietro a queste parole. Il profumo delle manette è sempre lo stesso, da qualsiasi parte provenga. E stavolta, ha valutato l’ex Pm, la brezza che soffia da Montecarlo verso Montecitorio merita un approfondimento d’indagine.
Alleanza nazionale che riceve una casa in eredità. Una cessione dalla strana convenienza. La comparsa dell’affittuario Giancarlo Tulliani, fratello della compagna di Gianfranco Fini. Paradisi fiscali, società off-shore. Fini che querela ma non spiega. Lo scoop è del Giornale, pazienza. «Fini è meglio che mostri le carte», ha esordito il leader dell’Idv di primo mattino, davanti agli ascoltatori. E Gianfranco è scaricato.
Per amor di verità, certo. Ma non solo, forse: Fini indipendente, con il suo gruppetto e le sue ambizioni, può essere un concorrente per l’Italia dei Valori, adesso. Può portar via consensi sul piano della lotta all’illegalità, se si andasse a elezioni. Ma chi è il vero tutore della legalità? Tonino ha drizzato le orecchie e ha seguito il vento.
Si è aperta così una giornata non semplice per il presidente della Camera: al settimo giorno d’inchiesta del Giornale, negli ambienti politico-giornalistici si è iniziato a parlare con più frequenza dell’affaire Costa Azzurra. L’intervento più clamoroso è quello di Di Pietro, ma dal Fatto al Corriere della Sera, ieri erano numerosi gli articoli sulla vicenda che affollavano la rassegna stampa di Montecitorio.
Durante la trasmissione Il caffè il leader dell’Idv si è tolto dunque i suoi sassetti dalle scarpe: «Quando a un politico vengono fatte delle richieste di chiarimento - ha sentenziato - le deve dare». Poi una reprimenda d’obbligo, visti i ruoli: «Che Il Giornale e Libero stiano conducendo una campagna di delegittimazione nei confronti di Fini si vede grosso come una casa». Metafora azzeccatissima, la casa.
«Ma il fatto raccontato - ha aggiunto l’ex Pm infervorato, tornando al nucleo della storia - è un fatto che nella sua oggettività c’è e per questo il presidente della Camera la prima cosa che deve fare è mettere a disposizione di tutti i documenti che raccontano la storia». Altrimenti, ecco la parola terribile, il rischio per la democrazia. La censura, il bavaglio: «Non è che rispetto a un fatto raccontato si può dire alla stampa “tu non devi parlare”, perché altrimenti c’è il bavaglio». Fini l’imbavagliatore. E pensare che fino a qualche giorno fa Di Pietro aveva azzardato un patto-partito «della legalità» da costituire con la terza carica dello Stato. Ma questo succedeva prima della scissione dei finiani dal Pdl.
Quasi più esplicito, se possibile, il titolo del Fatto di Antonio Padellaro, che chiede chiarimenti: «Fini, il dossier Montecarlo e la querela che non spiega». Nell’articolo si parla di una campagna stampa «a colpi di fango», ma si sottolinea come «tra tante notizie passibili di querela, quella di Montecarlo continua a non essere completamente spiegata». Anche il Corriere della Sera indaga: «An e la casa di Montecarlo: “Fu pagata 300mila euro”». Mentre per quanto riguarda La Stampa Sandro Bondi ieri ne criticava l’«encomiabile silenzio».


Uno schiaffo per Fini è arrivato invece dall’editoriale del Secolo XIX di Genova, quotidiano certamente non allineato al governo: «Ma su Montecarlo le querele non bastano», il titolo del commento di Francesco Bonazzi che esordisce così: «Da obbedir tacendo a tacere disobbedendo. Rischia di nascere sotto un motto parecchio ambiguo l’avventura autarchica di Gianfranco Fini e dei suoi fedelissimi di Futuro e Libertà».

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