Pietro e Cordelia le affinità elettive in cerca del bello

Quando ho saputo della morte di Pietro Cascella ho subito pensato a Cordelia, sua moglie.
Ma non per una ragione di affetti, di dolorosa solitudine familiare, ma perché Cordelia von den Steinen è un’artista, una scultrice come Pietro, ha diviso con lui vita e arte. Ora, senza la vita di lui, che ha affidato ormai alla storia la sua impresa di scultore, temo per l’arte di lei.
Li ho incontrati spesso, ho stabilito con loro un’intesa umana straordinaria, mi hanno sostenuto in tante difficoltà. E ora lei è senza di lui e senza di me. Spiegherò perché.
Arrivato a Milano come assessore ho pensato che avrei dovuto far conoscere artisti poco noti e, fra i primi, ho pensato a Cordelia, delicata e sensibile nei soggetti di un’umanità fragile e domestica, forte nella forma coltivata nel continuo confronto con l’opera di Pietro Cascella. Capace di comprenderla e di resistere, di difendere il proprio mondo (anche piccolo) davanti all’impegno monumentale di lui, al suo fare grande, con grandi temi e grandi soggetti. Li avevo incontrati in più occasioni e avevo scelto con loro il Castello Sforzesco, oggi popolato dalle sculture di Matthew Spender, l’artista amico che vive nel paradiso della campagna senese. E avevo pensato alla soluzione più propizia e vantaggiosa nella sala delle Asse di Leonardo e a fianco delle sculture classiche fino alla Pietà Rondanini nel percorso del museo.
Proprio per questo avevo sentito qualche giorno fa Pietro Cascella. Mi telefonava dall’ospedale dov’era, assistito dalla moglie, per un male che lo rendeva affannoso e dolente. Mi raccomandava la mostra e mi parlava della sua ultima scultura, una grande ara di forte significato simbolico. Lo sentivo affaticato, lontano, eppure desideroso di continuare la sua lunga ricerca in un continuo scontro con i falsi artisti, favoriti dalle mode e dall’indifferenza delle istituzioni. Mi vedeva come un amico e come una speranza, pur nella disillusione; e la mostra di Cordelia era per lui il segnale di un’attenzione e di un riconoscimento che si rifletteva sulla parte più privata, più intima di lui: quella delle conversazioni quotidiane sul senso dell’arte, alle quali avrà devotamente partecipato, in tempi ormai lontani anche l’attuale ministro per i Beni culturali, che fu il sindaco del paese dove i Cascella abitano, a Fivizzano, nel castello.
Singolarmente Cascella, che con il fratello Andrea costituì uno dei riferimenti della moderna scultura italiana della capacità di esprimere la dimensione monumentale in forme nuove, fece incontrare il suo sindaco al celebre committente di una delle sue opere più conosciute, il Mausoleo di Silvio Berlusconi ad Arcore. Impresa difficile e certamente rischiosa, per il significato e per la destinazione. Ma Cascella la risolse senza retorica e con assoluto rigore di sintesi formale.
A Pietro importava interessarsi con i grandi temi della vita e della morte, nello spirito degli antichi, contro ogni decorazione, alla ricerca della verità. Ma la verità era anche quella familiare, quella domestica, ristretta nelle terrecotte di Cordelia, narrative, estranee ai simboli, ma calde di vita.
Ecco: ora quel progetto che era sembrato un sogno ha perso l’assistenza forte di Pietro, emozionato come un ragazzo pur nella fatica degli anni e della malattia; e anche la tutela di chi l’aveva voluto realizzare. E io temo non la distrazione o l’indifferenza, ma la solitudine, il vuoto, lo sconforto che possono prendere Cordelia e demotivarla, farle abbandonare l’impresa di cui Pietro era tanta parte.


È per questo che non al ministro ma all’amico Sandro Bondi chiedo di rafforzare la sua presenza e il suo conforto perché la mostra milanese di Cordelia non solo si realizzi, anche senza di me, ma sia il più imprevisto e caro e dolce omaggio al grande scultore che continua a vivere e trasferisce una parte del suo pensiero creativo nell’opera dell’amatissima moglie, compagna di vita e di ideali d’arte.

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