da Roma
Cè troppa disinvoltura nel dibattito sulle intercettazioni. Gli ascolti delle telefonate degli italiani, indagati e no, vanno disciplinati, ma prima vediamo «il provvedimento». Uno stop al chiacchiericcio politico di questi giorni in materia di giustizia è arrivato ieri dal vicepresidente del Csm, Nicola Mancino. Per tutto il giorno si sono susseguite nuove dichiarazioni di guerra sul ddl sulle intercettazioni che presto approderà al Consiglio dei ministri e di cui ha parlato ancora nel pomeriggio il ministro della Giustizia Angelino Alfano davanti alla commissione competente. Nellopposizione Antonio Di Pietro addirittura accusa il Pd di «essere tentennante rispetto alla gravità della proposta di Berlusconi». «Spiace» notarlo, ha sottolineato il leader dellItalia dei valori. Che poi sottolinea come la privacy vada tutelata solo fino a quando «vengono depositati gli atti». Dopodiché «è bene che i risultati delle indagini vengano messi a disposizione di tutti». Quella in preparazione è «una legge vergogna», ha attaccato a ruota la tesoriera dellIdv, Silvana Mura.
Ma la «disinvoltura è troppa», ha giudicato Mancino commentando il dibattito in corso, e dunque «va ridimensionata». La materia per ora viene affrontata solo «con dichiarazioni» e non «possiamo costruire uno scontro sulle dichiarazioni. Ma è una materia che «bisogna disciplinare», dice Mancino: «Le intercettazioni non si possono usare come una rete gettata in mare per prendere tutto. Per ora ci sono preannunci di battaglia, ma prima bisogna vedere il provvedimento, come viene presentato».
In attesa che il testo venga illustrato in Cdm, la linea dellopposizione continua a essere di forte critica: «La legge rischia di essere un serio impedimento allo svolgimento delle indagini», secondo il ministro «ombra» delle Comunicazioni Giovanna Melandri. Dal Pdl si pone laccento invece su ciò che dice il codice: perché è lì, argomenta il presidente della commissione Giustizia, Giulia Bongiorno, che è sancito il principio in base al quale «le intercettazioni si fanno quando è indispensabile».
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