Di Pietro sfacciato: in piazza contro la sua legge

Il leader di Idv ha protestato contro il provvedimento del governo sull’acqua denunciandone la "privatizzazione". Ma da ministro di Prodi ne firmò uno molto più severo rispetto all’attuale, insieme con Bersani e Bonino. Eccolo

Di Pietro sfacciato: in piazza contro la sua legge

Roma Sembrano lontanissimi i tempi di Antonio Di Pietro ministro, quello che cercava maggioranze trasversali per costruire ponti, strade e trafori. Che incolpava gli ambientalisti di essere oggettivamente responsabili degli incidenti sul tratto autostradale Firenze-Bologna perché si opponevano alla variante di Valico, si spendeva per la Tav Torino Lione. E tifava per «l’acqua privata».
Siamo in Italia e il merito delle politiche è strumentale alla lotta di potere. Per avere un saggio di questo assioma di politica mediterranea, basta mettere a confronto il leader di Italia dei valori prima maniera, con quello più recente che sgomita per conquistare gli interstizi lasciati liberi dalla sinistra comunista e ambientalista.
L’ultima battaglia di Di Pietro è appunto quella sulla «privatizzazione dell’acqua». L’ex pm ha pure litigato con i movimenti che non gli hanno lasciato la seggiola d’onore nel comitato promotore dei referendum che mirano ad abrogare il provvedimento del ministro delle Politiche europee Andrea Ronchi.
Troppo buoni gli ambientalisti che non gli hanno replicato pubblicamente. Anche perché gli sarebbe bastato tirare fuori un provvedimento gemello rispetto a quello del governo Berlusconi, datato 2006. Si chiamava «Delega al governo per il riordino dei servizi pubblici locali». Prendeva il nome del ministro agli Affari regionali Linda Lanzillotta. Differente il testo, identica l’emergenza rispetto al decreto Ronchi: evitare all’Italia una serie di infrazioni europee. Sovrapponibile anche la ricetta: l’affidamento diretto dei comuni a società esterne nella gestione dell’acqua deve essere un’eccezione motivata. Se la gestione pubblica va bene, le cose vanno lasciate come stanno. Dove c’è bisogno di cambiare, si deve invece fare una regolare gara destinata a privati che siano del mestiere. Se si vuole, il provvedimento del governo di centrodestra è più garantista rispetto a quello Lanzillotta, visto che dice esplicitamente che la proprietà dell’acqua è e deve rimanere pubblica.
Antonio Di Pietro firmò la «privatizzazione dell’acqua» in quanto ministro delle Infrastrutture. Il suo nome appare insieme a quello del premier di allora, Romano Prodi, a quello della stessa Lanzillotta, a Giuliano Amato (responsabile del Viminale) e anche a quelli di Pier Luigi Bersani (Sviluppo economico) ed Emma Bonino (Politiche europee). La candidata governatore del Lazio che ha fatto aderire la sua lista alla manifestazione contro la privatizzazione dell’acqua.
La riforma si arenò. Né il nome di Di Pietro né quello di Bonino appaiono nelle cronache tra quelli dei ministri che andarono a sbattere i pugni sulla scrivania di Prodi. Oggi il leader di Italia dei valori, annuncia una mobilitazione contro la riforma che vuole regalare l’acqua «ai soliti noti». I fan dell’ex pm rispondono entusiasti.
Ma queste acrobazie fanno parte della tradizione italiana fin dai tempi dell’unità. Certi equilibrismi, invece, sono una specialità recente del Partito democratico. Il Pd non ha preso una posizione ufficiale sulla «privatizzazione dell’acqua». Però ha strizzato l’occhio ai movimenti ambientalisti che hanno manifestato a Roma sabato.
Fino a poco tempo fa il segretario Pier Luigi Bersani non aveva dubbi. Rispondendo a un quesito del Forum, riconobbe che spesso nella gestione dei servizi c’è «una presenza dei partiti ben oltre le loro competenze». E ammise che la soluzione è anche nelle imprese private che «hanno dimostrato di possedere esperienze e capacità gestionali adeguate poter adeguatamente competere».


Sorprende anche la posizione di Ignazio Marino, outsider sensibile ai richiami dei movimenti, ma non sull’acqua visto che al Forum rispose che occorre evitare «una scelta basata su pregiudizi; quello che occorre è che il gestore, pubblico, privato o società mista, sia qualificato, competente, onesto, efficace, efficiente ed adeguatamente indirizzato e controllato». Affermazioni che starebbero bene nella relazione tecnica del decreto Ronchi.

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