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Pitti: sorpresa, la crisi nella moda non va di moda

Qui la crisi non c’è. E non è certo perché il Pitti è protetto dalla Fortezza da Basso che la temuta bufera economica non è riuscita a entrare nei padiglioni della manifestazione fiorentina - uno tra i termometri più fedeli del bilancio del pianeta moda -, che non ha travolto gli stand e s’è portata via le collezioni e i sogni degli imprenditori che aspettavano questo evento come una cartina di tornasole. Da leggere con ansia e trepidazione dopo gli annunci funesti delle cassandre della disfatta. La crisi non c’è soltanto perché, per ora, non esiste proprio. Parlare per credere con le migliaia di industriali, commercianti o semplici piazzisti che sono accorsi qui per confrontarsi con il resto del mondo, che a Pitti c’è venuto come le scorse stagioni, con un solo credo: comprare il made in Italy. Qui a Firenze non è come a Milano, qui non c’è show, ma solo business, non ci sono lustrini e ballerini, qui si viaggia con ordini d’acquisto. Giapponesi e russi, americani e cinesi, tutti in fila insieme con francesi e spagnoli. Qui non ci sono top model e vip in prima fila, l’unico linguaggio è quello delle transazioni bancarie e dei bonifici. In fondo, bastano gli zeri per capirsi...
Abbiamo consumato un paio di scarpe avanti e indietro per i saloni e gli angoli di Pitti, frugando in ogni stand, cercando nel labirinto del vero made in Italy. Fatto di imprese piccole e medio grandi, di industriali che non fanno tendenza sui settimanali e nelle pagine dei quotidiani, che non hanno bisogno di riflettori e passerelle, che limano il più possibile sulle spese di rappresentanza («Ci beviamo un caffe?») e che alla disperata ricerca della perfezione nei tessuti e delle confezioni, uniscono quella della fattura, nel senso fiscale.
C’è l’Italia che si rimbocca le mani, dentro la Fortezza da Basso di Firenze. L’Italia delle piccole e medie imprese che presenta con orgoglio il bilancio dell’ultimo trimestre 2008. «Discreto» commentano con orgoglio il più due o tre per cento. E ridono, un po’ incazzati, di chi pronosticava il meno venti o trenta per cento. «Hanno talmente spaventato il mercato e i consumatori – ci ha raccontato il direttore generale di un noto marchio di cashmere – che hanno costretto le imprese più deboli dal punto di vista finanziario a dare il via ai saldi con troppo anticipo. E, poi, tutti siamo costretti ad andare dietro loro. Una fortuna per i consumatori. Ma quanti soldi abbiamo perso?».
E, ora, si preparano al 2009. «Da vivere con la testa sulle spalle – spiegava più a se stesso e ai suoi collaboratori, che a noi, l’ amministratore delegato di un’azienda emiliana –. Può darsi ci sia un po’ da soffrire, dovremo stare attenti ai costi e concentrarci unicamente sulla qualità del prodotto. La qualità paga. È per questo che all’estero ci invidiano, è per questo che qui a Pitti c’è la stessa euforia degli altri anni. Soltanto il primo giorno s’è respirata un po’ di tensione, questione di un’ora o due, il tempo di capire. Poi c’è stata l’invasione dei clienti».
«È vero, ci guardavamo con circospezione da uno stand all’altro, quasi ci spiassimo – conferma il direttore generale di uno dei più noti calzaturifici nazionali –. Un po’ di timore comprensibile, è da settembre che ci sventolano la crisi tutti i giorni sotto il naso. Ma poi sono arrivati i clienti, gli ordini, dall’estero ma soprattutto dall’Italia. E abbiamo ritrovato immediatamente l’entusiasmo. Mi creda, questo è stato un buon Pitti per il nostro Pil».
E che sia davvero così, lo si legge sulle facce di quelli che tre giorni fa sono entrati nei propri stand come dei soldati in trincea, e che ora sorridono mentre intorno a loro svolazzano fatture, ordini e strette di mani. L’Italia che va avanti s’è messa in moto. Anche quella che va piano... «Ho rilevato pochi mesi fa quest’azienda – spiega un giovanissimo imprenditore –. Noi lavoriamo ancora con i telai a mano, portiamo avanti una tradizione del Settecento, cerchiamo il prodotto unico, irraggiungibile... Ho sessanta artigiani che creano pezzi inimitabili. Dopo tutto quanto avevo letto e sentito a Pitti manco volevo venirci. E invece sta andando benissimo». E mi invita a guardarmi intorno, il suo stand è pieno di compratori.


Ma allora dov’è la crisi? Non sono un economista, ma di sicuro qui al Pitti non c’è.

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