Il piumino, la più grande invenzione antifreddo degli ultimi anni, è tallonato a vista dal cappotto, un indiscutibile arbitro d'eleganza. Lo dicono le collezioni presenti al Pitti Bimbo di Firenze, la piattaforma più autorevole per conoscere le tendenze nel settore della moda infantile che chiude oggi i battenti. Da Moncler Enfant, per esempio, vincono le proposte in raso di nylon leggerissimo e cangiante ma ci sono anche flanelle e jersey di lana, segno che la strada maestra per proteggersi, in montagna come in città, è lastrica di democrazia. Così come si osserva nella collezione Ice Iceberg che ieri ha mandato in passerella un divertente quanto pratico mix di capi tecnici come i bomber di nylon imbottiti con piuma e deliziose proposte di sapore sartoriale.
«Il piumino è troppo comodo perché si possa pensare di abolirlo. Gli abbiamo affiancato nuovi modelli in materiali mai banali, sia tecnici sia di lana» spiegava Silvana Fusco non mancando di sottolineare il gradimento, nelle collezioni Blauer dei capispalla in Teslan, speciale tessuto indistruttibile usato per le uniformi dei poliziotti americani, trattato in versione iper-morbida. Da Fay Junior, dove non mancano bellissimi cappotti, il piumino del maschietto ha il gilet estraibile mentre nella bambina ha la chiusura con i celebri ganci e il cappuccio profilato di pelliccia. «Proponiamo sia l'uno sia l'altro: per il maschietto un bomberino con imbottitura di piume ultraleggera e per la bambina il cappotto delineato da cuciture sartoriali o il montgomery in morbido panno grigio, con alamari in metallo e interno in pied-de poule» raccontava Sarah Spaak mostrando alcune delle magnifiche proposte della Dondup firmate DKing e DQueen.
Giovanna Miletti, fondatrice del marchio Il Gufo ha precisato che il piumino ci vuole sempre purché il taffettà superleggero e con due strati di nylon senza peso imbottiti di piuma d'oca. «Una valida alternativa è il montgomery caldo e confortevole», diceva la signora dichiarando che la crisi non tocca marchi consolidati come il suo, con trent'anni di storia e la capacità di fare prodotti di qualità che passano dal primo, al secondo, al terzo figlio e persino ai cugini. La qualità non solo dei prodotti ma anche dei rapporti è emersa come conditio sine qua non del nuovo modo di fare business. «Non siamo affamati di numeri ma di valori e di rapporti umani veri basati sulla massima collaborazione con i buyer» spiegava non a caso Franco Ferrari, titolare di Spazio Sei Fashion Group, l'azienda di Carpi che ha nel suo portafoglio licenze prestigiose come Miss Blumarine, Ice Iceberg e Marni e due brand di proprietà. «La partenza della stagione è buona, siamo ottimisti nonostante la crisi» ha aggiunto dichiarando di spingere ulteriormente l'acceleratore su nuovi progetti. Dello stesso avviso Giancarlo Maggiuli di Minifix, un'interessante realtà di Carate Brianza che in soli otto anni si è creata una forte identità raggiungendo un fatturato di 120 milioni di euro. «Il nostro staff è composto da giovani motivati e con un notevole senso di appartenenza» ha dichiarato mettendo l'accento su un altro segreto del proprio successo: un ottimo rapporto qualità-prezzo. Del resto l'affluenza al salone fiorentino dice che forse può partire proprio dal bambino la riscossa del made in Italy.
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