Il pizzo dei clan sui vincitori del Superenalotto

Dove non arriva il fisco arriva la camorra. Gli «esattori» della criminalità organizzata campana sono riusciti nell’impresa di individuare i vincitori dei 33 milioni di euro della schedina giocata da trenta persone a Ospedaletto d’Alpinolo, frazione di Avellino. E a quasi tutti hanno imposto una «tassa» per rimpinguare le casse del clan e soddisfare i bisogni economici delle famiglie dei boss arrestati. Il maxi-pizzo scoperto dai carabinieri di Avellino coordinati dal colonnello Gianmarco Sottili finiva direttamente nelle tasche degli uomini del clan Cava-Genovese. Cinque le ordinanze di custodia cautelare in carcere hanno colpito gli uomini della cosca. Fra gli arrestati anche Marco Antonio Genovese, figlio del boss Modestino. Il clan, predominante nelle zone del Vallo di Lauro, del Partenio e dell’hinterland avellinese, ricorreva a mezzi classici per ottenere parte della vincita: lettere di minacce, attentati incendiari, bombe, buste con proiettili. E più uno si rifiutava di pagare, più gli avvertimenti diventavano assillanti. La paura in qualche caso ha indotto le vittime e negare di aver subito estorsioni. Ma a fare chiarezza, e a incastrare i boss, sono state le intercettazioni ambientali. Il 15 marzo 2009 una cimice nascosta dentro una macchina cattura la voce di un affiliato, Mario Matarazzo, mentre s’intrattiene con Marco Antonio Genovese. Dice il primo: «Ti ricordi quando ti dicevo questo i soldi li tiene… i soldi che non li doveva cacciare? Ha cacciato quarantamila euro, Marco Genovese, lo ha detto davanti a me... con quello là disse “mo’ mi tornate a chiamare, io ho già dato 40mila euro e mo’ mi tornate a chiamare… ” fece quello di Nola “come li hai cacciati a quelli, accosì li dai pure… pure a noi (…)”». Quello di Nola è il nipote del boss Antonio Cava, detto «Ndo’ Ndo’», mentre gli altri a cui la vittima aveva già dato 40mila euro sono, lo dice lo stesso Matarazzo, i «guagliuni di Mercogliano». Si legge nell’ordinanza: «Questa è l’unica somma di una certa consistenza che risultava ritirata dal momento dell’incasso della vincita fino al settembre del 2008. Negli altri casi, infatti, il danaro prelevato non superava mai la somma di 20mila euro». Pochi giorni dopo le voci ascoltate dai carabinieri sono quelle di Matarazzo e di Francesco Scognamiglio, anche lui arrestato. Si compiace Matarazzo: «Io tre servizi li ho fatti, li ho fatti io ad Ospitaletto… le tre operazioni le ho fatte io». Il secondo chiede: «Mi devi dire un’altra cosa… ma con il barbiere prende la parte sua?». Ma il barbiere sembra essere uno che non si piega. Replica infatti Matarazzo: «Dal barbiere non ci andare vicino eh… fa la denuncia, è un infame di merda… è un infame proprio (…) ma quelli che ho preso io…140mila euro… poi queste altre due operazioni (…) il tabaccaio ha preso due quote, più… siccome che la ricevitoria… ha preso la percentuale dello Stato e ha messo insieme le quattro quote». Qualcuno che ha già pagato, la seconda volta viene risparmiato: «Il ragazzo non lo toccare che già lo hanno toccato». Matarazzo però si lamenta perché i soldi riscossi li ha già spesi: «Ho fatto due operazioni che un altro poco l’ultima mi stavano prendendo… e li ho finiti già i soldi… che cosa ho concluso? Non ho concluso un cazzo… ». I due sono anche impegnati a capire come poter ottenere soldi dagli altri vincitori. Ancora Matarazzo: «Un sequestro di persona lo sai a chi si dovrebbe fare? A Gilda… na lenghera», e l’altro s’intromette: «Acchiappi la moglie fuori la banca, ti metti nella macchina con lei… e cammini… hai capito!». Lo stesso Matarazzo, rivolgendosi a un altro uomo, parla dei sospetti e delle difficoltà nell’ottenere i soldi: «Sto trovando le porte chiuse per tutte le parti, ad Ospitaletto e Summonte non ci posso proprio andare… come vado a chiedere i soldi accossì… mi danno l’estorsione. Mi ha chiamato Mostino "non ci venire proprio qua ha detto, che stanno aspettando tanto che fai… gli dissi Mosti vediamo un poco se possiamo apparare 600 euro. Mario vogliamo andare andiamo… tu stai puntato… come vieni e ti vedono parlare con uno che ha fatto il 6 ti mandano il mandato di arresto a casa… hai capito che mi ha detto?». In un’altra conversazione tra Genovese e Matarazzo si parla della necessità di trovare un mitra per sparare una sventagliata in pubblico così da far intendere a chi doveva intendere. E salta fuori persino Rambo. Matarazzo: «Dobbiamo cercare di trovare una mitragliatrice… quando la gente sta in mezzo alla strada, una macchina tutta nera coi vetri scuri, vaffanculo… andiamo dentro al bar… da domani devi pagare la tangente che ti diciamo noi… poi andiamo al bar successivo (…) facciamo la linea, chi è che ha detto no? Lo hai visto il film di Rambo? Una mitragliatrice di quelle ci vuole». Il 18 ottobre 2009 Matarazzo e Genovese sono preoccupati perché sospettano che i carabinieri siano sulle loro tracce. Genovese: «Tengo il fascicolo mio». L’amico è sorpreso: «Fascicolo? Ma che fascicolo? (…) Mo’ mi metti ’stu cazzu in capo. Fosse mai una volta che mi chiamassi compa’, andiamo a mangiare una cosa, mi chiami solo per guai (…) lo vedi che pigliamo sette anni senza niente». Genovese: «Dice che stanno chiamando a tutti quelli che hanno vinto».

Matarazzo cerca di tranquillizzarlo: «Ma per telefono di queste cose non ne abbiamo mai parlato (…) se non hai prove (…) ti fai tre giorni dentro, dopo poi ti pagano pure quando esci (…) le prove dove stanno?». Gliele stavano fornendo loro proprio in quel momento.
(ha collaborato Luca Rocca)

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