Stile

«Via la plastica dal mare La mia moda dagli scarti»

L'imprenditore Goyeneche ha coinvolto 60 porti e 770 pescherecci in Spagna

Gioia Locati

Tutte le collezioni del marchio sono realizzate con filati riciclati, dal 2013 a oggi. Piumini, felpe, t-shirt, da uomo, donna e bambino. E le sneackers? Sentite: le suole sembrano di gomma ma sono composte con le alghe del mare, quelle che si impigliano nelle reti da pesca o che si accumulano sulle spiagge. La parte in tessuto, che avvolge il collo del piede come un guanto, è il risultato di un filato ricavato dalla plastica. Materiali consumati di vecchie bottiglie o sacchetti gettati nel mare. «E perciò considerati rifiuti speciali, perchè non sono sterili» ci spiega il geniale inventore del brand Ecoalf, Javier Goyeneche durante l'evento in occasione della Settimana della Moda al Brian&Barry Building. Geniale perchè il valore che ha aggiunto ai suoi capi di moda è condiviso e universale. Nel senso che si occupa proprio di quella parte di Terra che sta soffocando per troppa spazzatura. I suoi abiti si realizzano con tutto lo sporco che si raccoglie dal Mediterraneo. Non è stata una cosa semplice. Il progetto della Divisione Ricerca e Sviluppo è nato nel 2009 e solo nel 2013 è arrivata la prima collezione. «Volevo fare moda con tessuti di riciclo ma che fossero resistenti e gradevoli. Ero rimasto colpito dai pescatori delle Asturie (Goyeneche è di Madrid) che raccoglievano pesce misto a plastica, separavano i pesci e rigettavano a mare la spazzatura. Passo dopo passo, con il progetto di quella che è diventata la Fondazione Ecoalf, sono riuscito a collaborare con 32 porti spagnoli nel 2017 diventati 60 nel 2018. L'anno scorso 770 pescherecci ci hanno permesso di differenziare e smaltire 200 tonnellate di scarti». L'imprenditore ci spiega che per ricavare un filato di polimeri dal petrolio occorrono 17 passaggi chimici, per ottenerlo dalle reti da pesca i passaggi si riducono a 7. Ci dice che il cotone si può riciclare senza impiegare acqua ma per lavorare un chilo di cotone nuovo occorrono 2.500 litri d'acqua (e conseguente dispersione di anidride carbonica). La prima intuizione da dove è arrivata? «Viaggiando a Taiwan ho conosciuto una signora che faceva i tappeti con la plastica riciclata: i primi filati li ho realizzati con lei». Hanno aderito al progetto anche 80 pescatori di Civitavecchia, la spazzatura tolta dalle coste italiane servirà per produrre in loco.

Ed è recente anche la collaborazione con il Giappone, grazie al sostegno della Sanyo. L'attività è incessante, i coniugi Goyeneche, che hanno dedicato il nome del brand ai loro figli Alfredo e Alvaro, hanno tenuto 400 seminari nell'ultimo anno. «È importante divulgare l'iniziativa» dicono.

E anche eguire l'esempio.

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