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Platini, Passarella, Müller quanti assi da Spagna ’82

Arrivarono 12 giocatori dal mundial, oggi solo due. Boniek con Michel. Diaz andò a Napoli

Marco Zucchetti

Formidabile quell’anno. La paura per il nucleare, Beirut sotto le bombe, l’Italia campione del mondo. Tutto come in questo Duemilasei. Ma nel 1982, mentre nascevano Cassano e Adriano, Gilardino e Kakà, il campionato italiano studiava per diventare il più bello del mondo. Oggi, vittima di se stessa, la serie A si è fermata alle urla berlinesi dei telecronisti. Ha perso i pezzi, in un esodo senza il classico controesodo estivo.
Ventiquattro anni fa, il pallone rotolava qui, nell’ombelico del calcio. Sulla scia della vittoria spagnola, correvano all’oro della serie A giocatori di livello assoluto. Qualcosa come dodici giocatori presenti al mondiale, mentre oggi solo in due (Oguro e Crespo, una riserva e un ritorno), hanno scelto l’Italia.
A guidare la schiera di quei campioni, monsieur Platini. Uno che nei tre anni successivi di Juve vinse tre Palloni d’Oro. Qualcosa al nostro calcio lui l’ha data. Come ha fatto Boniek, autore di quattro reti al mondiale e strappato dai bianconeri al Widzew Lodz per tre miliardi sonanti. Come se quest’anno fosse arrivato Gerrard invece di Gourcuff. Con Zibì, primo polacco a giocare fuori dai confini del Paese retto dal generale Jaruzelski, giunse anche il difensore Zmuda, che in Italia vestì le maglie di Verona e Cremonese. Alla Sampdoria invece il nazionale inglese Trevor Francis, uno dei migliori attaccanti della Premier League. Un grande colpo si annunciava pure con il centrocampista dello Stoccarda Hansi Müller. Che poi all’Inter il tedesco non abbia rispettato le attese, suscitando le ire di Beccalossi («È meglio giocare con una sedia, almeno il pallone ti torna indietro»), pazienza.
Argentini e brasiliani attraversarono l’Atlantico ripercorrendo all’inverso le rotte degli emigranti italiani. Dalla Seleçao giunsero «lo zingaro» Dirceu, centrocampista di grande classe che sbarcò a Verona lasciando ottimi ricordi, e il difensore Edinho, giunto a Udine dal Fluminense. Dal River Plate arrivarono invece Ramon Diaz e Daniel Passarella. Il primo, acquistato dal Napoli, permise poi all’Inter di conquistare lo scudetto dei record; l’altro - capitano dell’Argentina campione del mondo nel ’78 - consolidò la difesa della Fiorentina.
Per tanti campioni, qualche inevitabile carneade fece capolino anche nel magnifico ’82. Indimenticabile - ma solo per l’esotico nome - Geronimo Barbadillo, il peruviano che al suo arrivo ad Avellino dichiarò di essere «la più forte ala del Sudamerica»: non volò da nessuna parte. Altrettanto mediocri si rivelarono l’altro peruviano Uribe, acquistato dal Cagliari, e il danese Skov, altro azzardo esterofilo dei lupi irpini. Ma il saldo fu comunque trionfale. Ridateci Platini.

Anche a costo di un Barbadillo.

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