Sui nostri palcoscenici si moltiplicano i testi teatrali tratti da film di successo. È un fenomeno che cresce ogni anno e che ha certamente ragioni commerciali. Il pubblico ama rivedere a teatro i film che lo hanno coinvolto e non è un caso che essi siano tutti comici o brillanti - sentimentali. Non c'è da scandalizzarsi per proposte del genere quando sono realizzate fedelmente e soprattutto senza cadute di stile. È ricca, la sposo, l'ammazzo, in scena al Teatro Manzoni di Roma fino a domenica, è tratta dal fortunato film di Elaine May, che ne era anche eccellente interprete accanto all'irresistibile Walter Matthau. Uscito nel 1971, è considerato un classico della commedia americana non solo degli anni Settanta.
Mario Scaletta l'ha adattato, ambientandolo nel nostro paese, ma conservandone, al di là di qualche battuta facile, lo spirito e la finezza. La pièce è infatti esemplare dell'umorismo sofisticato e colto di Elaine May, attrice-autrice americana nata nel cabaret e presto approdata a Broadway. La commedia, ricca di humour noir, vive tutta sul rapporto fra uno scapolo cinico e amante del lusso ma ridotto sul lastrico, e un'ereditiera colta, ma bruttina, goffa e irrimediabilmente distratta. L'unica possibilità per il maturo Cleonzio è di impalmare Ernestina, risolvendo così definitivamente i suoi problemi economici. Ma se riesce nel suo intento di sposarla, matura anche la decisione di eliminarla.
Potrà un playboy come lui avere una moglie del genere fra i piedi? Le cose, in realtà, vanno diversamente perché Ernestina, dietro la sua goffaggine, ha una carica umana e un amore per il marito che smonteranno ogni trama e lo convinceranno a continuare felicemente il matrimonio. La commedia vive tutta sui due interpreti, qui in una delle prove migliori della loro carriera. Pietro Longhi ci dà un ritratto a tutto tondo di questo scapolo meno cinico di quanto appare. La sua interpretazione è ricca di chiaroscuri e giocata fino in fondo con misura ed eleganza.
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