Il Pm anti Prodi insiste: ora accusa carabinieri polizia e sette magistrati

Altro giro, altra corsa pericolosa. Sulla giostra dei veleni giudiziari calabresi stavolta ci sale l’intera magistratura catanzarese. Un’ulteriore, esplosiva, indagine del pm Luigi de Magistris sui colleghi del suo stesso distretto - trasmessa a Salerno e da qui al Csm - fa passare quasi in secondo piano l’ennesimo blitz degli ispettori del ministro Clemente Mastella ripetutamente attivati all’indomani dell’iscrizione di Romano Prodi sul registro degli indagati nell’inchiesta «Why not?». Gli 007 di via Arenula hanno interrogato a lungo il sostituto che scava sui rapporti tra il premier e alcuni personaggi coinvolti nell’inchiesta su affari e massoneria deviata. Da tempo, de Magistris, è in aperto contrasto con quel procuratore capo Mariano Lombardi che figura tra i numerosi magistrati, politici e avvocati «attenzionati» dallo stesso pm e dal superperito Gioacchino Genchi. Proprio quest’ultimo è l’autore della relazione che imbarazza il Csm laddove - a detta di alcuni consiglieri del Palazzo dei Marescialli - si evidenzia un’attività di indagine nei confronti di sette magistrati, uomini politici, carabinieri e poliziotti, avvocati. Tra le toghe monitorate vi sarebbe, giust’appunto, il procuratore Mariano Lombardi sorpreso a incontrarsi con un indagato eccellente, il cui traffico telefonico è stato scientificamente analizzato andando a caccia della «talpa istituzionale» protagonista di ripetute fughe di notizie. Tra i colleghi «spiati» anche Domenico Pudia, ex procuratore generale, l’ex capo dei gip Antonio Baudi, l’aggiunto Salvatore Murone, il sostituto procuratore generale presso la Corte d’appello, Pietro D’Amico, nonché Giuseppe e Caterina Chiaravalloti, padre e figlia: uno ex procuratore generale e poi governatore calabrese, l’altra in servizio alla Corte d’appello, già presidente del Tribunale della libertà.
Il comun denominatore della relazione-bomba allegata da de Magistris è «l’appartenenza nominale dei protagonisti a uno o all’altro schieramento di centrodestra o centrosinistra» che non ha «per nulla condizionato e anzi ha avvantaggiato lo svilupparsi e il perpetuarsi degli accordi trasversali». Il riferimento va alla complicata inchiesta «Poseidone» sull’utilizzo dei fondi per la depurazione delle acque, e alle fughe di notizie a vantaggio degli indagati: «Qui - si legge nella perizia - sono proprio soggetti nominalmente in quota al centrosinistra che si sono prodigati, cercando di fare breccia nelle strutture della polizia giudiziaria quando non è stato possibile carpire dai vertici degli uffici giudiziari, informazioni salienti che avevano dato luogo alle prime fughe di notizie sulle perquisizioni e sulle spedizioni degli avvisi di garanzia». E non solo. Anche le forze di polizia, in special modo i carabinieri, finiscono sott’accusa.
Accusati di non lavorare come dovrebbero, hanno subito l’onta di veder «monitorate» le utenze telefoniche del loro comando generale a Roma e di quello provinciale a Catanzaro. Osserva Genchi: «Chi ha cercato di violare il segreto investigativo del procedimento ha cercato contemporaneamente di permeare le indagini dall’alto - mediante le verosimili delazioni di alti magistrati di Catanzaro - e dal basso, cercando di carpire informazioni utili, e finanche pettegolezzi, dagli stessi ufficiali di polizia giudiziaria che stavano svolgendo le indagini». Gioacchino Genchi osserva che «in oltre 20 anni di carriera non ho mai avvertito l’imbarazzo che oggi avverto nello scrivere questa relazione». Dalle indagini sulle stragi di Capaci e di via d'Amelio del 1992, a quelle sull’allora capo della Procura circondariale della Repubblica di Cagliari, dr. Luigi Lombardini «la vicenda che oggi pare coinvolgere il Procuratore capo Lombardi - insiste Genchi - rappresenta una delle più imbarazzanti indagini su magistrati, della quale il consulente - pur senza volerlo, né tanto meno prevederlo - è oggi costretto a dovere riferire». La perizia si conclude così: «Partendo proprio dalla posizione del Procuratore capo non possiamo non considerare una fra le principali risultanze emerse dalla nostra analisi, che riguarda proprio il possibile assoggettamento di Lombardi - e molto verosimilmente di altri magistrati di Catanzaro - a quello che pare essere l’unico e vero protagonista della fuga di notizie di cui ci stiamo occupando: l’avvocato Giancarlo Pittelli», esponente di Forza Italia. Capitolo delicatissimo, top secret, quello sugli accertamenti svolti sui politici.

Sfiorati dalla relazione-Genchi e dall’inchiesta di de Magistris, il presidente della Provincia Michele Traversa, Maurizio Gasparri di An, Jole Santelli di Forza Italia, Pino Galati (Udc) e l’immancabile governatore calabrese, Agazio Loiero.

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