Il Pm mette sullo stesso piano agenti e autonomi

Prossima udienza fissata per il 29 marzo: forse verrà emessa la sentenza

Enrico Lagattolla

Nel giorno dell’anniversario della morte di Davide Cesare detto «Dax», e a 48 ore dal presidio dei centri sociali in piazzale Aquileia per chiedere la liberazione degli autonomi arrestati in seguito agli scontri di corso Buenos Aires, arriva la richiesta di condanna da parte del pubblico ministero Claudio Gittardi nel processo a carico di quattro esponenti dei centri sociali, due poliziotti e un carabiniere per gli scontri avvenuti all’ospedale San Paolo la notte tra il 16 e il 17 marzo del 2003. Al termine della requisitoria, il magistrato ha chiesto la condanna di tutti e sette gli imputati. Per i quattro autonomi è stata avanzata la richiesta di due anni e dieci mesi, per l’accusa di concorso in violenza e resistenza a pubblico ufficiale, in lesioni personali aggravate e in danneggiamento. Per i due agenti di polizia, responsabili secondo il Pm di concorso in lesioni personali aggravate e di abuso d’ufficio, la richiesta è stata di due anni e sei mesi (per il maresciallo del Nucleo radiomobile) e di due anni (per l’agente di polizia impiegato presso l’ufficio Prevenzione generale della Questura). Dieci mesi, infine, per il carabiniere del Nucleo Radiomobile, che sarebbe intervenuto all’interno del pronto soccorso del San Paolo armato di una mazza da baseball. E che, tra l’altro, è stato arrestato lo scorso 22 gennaio con altri sette militari, nell’ambito dell’inchiesta condotta dal pm Alessandra Dolci, che li vede indagati a vario titolo per falso, calunnia, concussione e peculato. Secondo l’accusa, avrebbero «estorto» denaro ad alcuni spacciatori.
Nella requisitoria, quindi, il Pm ha utilizzato lo stesso metro per tutti gli imputati, sia per gli esponenti dei centri sociali («nonostante la gravità delle loro condotte», sottolinea il magistrato), che per quelli delle Forze dell’ordine. Così, per tutti, sono valse le attenuanti generiche. «I manifestanti - ha sostenuto Gittardi - hanno dimostrato di voler chiedere allo Stato di accertare i fatti, e questo è un sintomo di fiducia nei confronti della capacità dello Stato di accertarli». Motivazioni «speculari» per i due poliziotti e il carabiniere a processo, i quali «si sono trovati in una situazione che non avevano creato e in una circostanza di estrema tensione, anche se hanno fatto di tutto per complicarla».
Secondo il Pm, dunque, vanno «equamente» distribuite le responsabilità per quanto accaduto nel marzo di tre anni fa davanti all’ospedale San Paolo. Quella notte, «Dax» - militante del centro sociale Orso - era morto in seguito alle ferite riportate in uno scontro con alcuni neofascisti, avvenuto in via Brioschi. Poco dopo l’omicidio erano scoppiati violenti scontri tra Forze dell’ordine e militanti nel pronto soccorso dell’ospedale, dove il corpo del giovane era stato portato. Per l’omicidio di Dax, Federico M. (26 anni), suo fratello (minorenne) e il padre Giorgio (53) erano finiti in carcere con l’accusa di omicidio volontario. La Procura, invece, aveva aperto un’indagine per fare luce sui disordini del San Paolo.


Ieri, fuori dal Tribunale, alcuni giovani dei centri sociali hanno organizzato un presidio («Al San Paolo come alla Diaz, massacri e menzogne», era scritto su uno striscione), e chiesto «la scarcerazione dei compagni arrestati sabato». Il processo, invece, è stato aggiornato al prossimo 29 marzo. Quando, probabilmente, sarà emessa la sentenza.

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