D’accordo, la struttura è sempre la stessa: il Concertone del Primo Maggio raccoglie da vent’anni in piazza San Giovanni a Roma centinaia di migliaia di persone per il mega evento organizzato dalla Triplice sindacale, Cgil, Cisl e Uil. Solita fanfara entusiasta. Soliti proclami un po’ retorici. Ma gli ospiti, diciamolo, sono stati molto spesso di altissimo livello anche internazionale, come Robert Plant e Oasis nel 2002 o Lou Reed, Eurythmics e Alanis Morissette nel 2000. L’anno scorso, per dire, la star è stata Vasco Rossi, un evento clamoroso premiato da altissimi ascolti televisivi e da un’affluenza di pubblico oceanica.
Quest’anno però.
L’attrazione principale sarà Vinicio Capossela, artista eclettico dall’invidiabile talento, premiato pure dal primo posto in classifica, ma pur sempre più a suo agio nei club o nei teatri che davanti a un pubblico smisurato e bombardato da migliaia di watt. Accanto a lui, oltre a una orchestra sinfonica di settanta elementi, in scaletta ecco lo scozzese dal grande futuro ma dal seguito più piccolo (in Italia) Paolo Nutini e poi Roy Paci con i suoi Aretuska, Simone Cristicchi, la strepitosa Nina Zilli, Cristiano Godano e Gianni Maroccolo dei Marlene Kuntz e il mammasantissima dell’elettronica Howie B.. In più, Carmen Consoli, un’habitué del Primo Maggio, e Irene Grandi, entrambe impegnate a dare un senso rock alle loro esibizioni e ad allargare un po’ il campo affiancando anche la presentatrice. Già, eccola qua: sarà Sabrina Impacciatore, la prima donna padrona di casa in Piazza San Giovanni. È stata lanciata da Gianni Boncompagni a Domenica In, poi si è diluita in tanti film e alcune fiction. Prende, lei che ha appena recitato in Baciami ancora, il posto occupato l’anno scorso da Sergio Castellitto e, prima ancora, da Piero Chiambretti, Claudio Amendola, Claudio Bisio e Paolo Rossi, tutti, e va bene, molto graditi alla sinistra, ma anche di grande popolarità.
Insomma, il Concerto del Primo Maggio non è il Festival di Sanremo che richiede una liturgia ben precisa e una magniloquente sacralità nella scelta di ospiti, conduttori eccetera. Però sembra che il cast di quest’anno, se confrontato con i suoi predecessori, sia meno roboante e azzeccato. Il direttore artistico della manifestazione, Marco Godano sorride: «Se il segno del declino è quello di quest’anno, ben venga il declino». E poi completa. «Aver scelto di dare a Capossela lo stesso spazio riservato nell’ultima edizione a Vasco Rossi è una scelta coraggiosa e rientra nel complesso di una sfida artistica che è tra le più importanti degli ultimi anni». In ogni caso, molto probabilmente Godano e il suo staff hanno raccolto quanto in questo momento offre il mercato, stranamente atrofizzato in vista di una estate non ricca di grandi eventi.
C’è anche da dire che talvolta la presenza di superstar internazionali, ad esempio gli Oasis, è stata controproducente sotto il profilo degli ascolti tv e della buona riuscita dello show. E poi, comunque, il pubblico è immenso e molto «alternative» capace quindi di esaltarsi più per la Banda Bardò che per, per fare due esempi, Juliette Lewis o James Blunt (2005).
E la Impacciatore? «È una scommessa formidabile. Ci hanno fatto tanti complimenti per averla scelta e, comunque, garantisce una valenza femminile di cui in passato qualcuno ha lamentato la mancanza». In più, spiega Godano, il palco del Concertone fa paura, così grande, così in balia del pubblico e della diretta tv: «In questi anni tanti hanno declinato l’offerta proprio per questo motivo». Inutile chiedergli chi sia stato a dire di no perché risponde con un tassativo «non è corretto».
Su di una cosa comunque si può avere la certezza: lo show avrà come al solito un ben preciso indirizzo politico. D’altronde lo conferma anche il tema scelto quest’anno, preso di peso da una poesia scritta da Eduardo De Filippo nel 1971: «O culore d’e pparole», il colore delle parole. Sarà, come da sedici anni, ferocemente anti berlusconiano. Oddio, nello spirito della musica, specialmente di quella rock o fortemente popolare, c’è sempre stato un certo piglio antigovernativo, quasi a legittimare la vena irruente di tante canzoni.
Ma così unilaterale è forse un caso unico nella storia, anche perché allo show è garantito un volano mediatico impareggiabile. Adesso.
Per intenderci, nei primi anni Novanta, Piero Pelù dei Litfiba si scatenò contro Andreotti, urlandone il nome e alludendo ad accuse pesanti. A casa, i telespettatori improvvisamente videro sparire le immagini dallo schermo. Via, puf. Qualcuno si lamentò? A buon intenditore.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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