«Amatevi l'un l'altro come io vi ho amati».
Forse il poeta (con la minuscola) Edoardo Sanguineti non ha mai letto i Vangeli, o se li ha letti nella lontana giovinezza è sfuggita alla sua «anima poetica» la bellezza di questa semplice frase di Cristo.
Chissà perchè in questa nostra città diventano grandi, cioè esaltati e incensati pubblicamente, soltanto quei personaggi, più o meno validi nei loro rispettivi campi, che sono ben ammanigliati con la kultura imperante.
Genova ha avuto, nel secolo che abbiamo appena lasciato, un poeta davvero grande: Nicola Ghiglione, vissuto e morto nell'indifferenza delle istituzioni cittadine e della cosidetta cultura ufficiale, e oggi ricordato e rimpianto solo dai cultori e dalle Associazioni della poesia vera, non di quella di regime.
Ho letto tempo fa alcuni componimenti del poeta (sempre con la minuscola) Sanguineti, perciò non mi stupisco più di tanto dell'estemporanea proposta di riesumare «l'odio di classe»: se dal letame può nascere un fiore, dalla cupa e amareggiata visione del mondo, dal rifiuto di ciò che è «altro da sè» non può nascere che odio in tutte le sue forme, di cui l'odio di classe è una delle più stupide e obsolete.
Che poi il signor Sanguineti pretenda di risuscitare un orribile sentimento vetero comunista e di riproporlo alle giovani generazioni, che di tutto hanno bisogno fuorchè di una semina di odio, se non stupisce indigna; e personalmente mi indigna anche il supino immobilismo dell'opposizione (fatti salvi sporadici interventi individuali) che non sa gridare chiaro e forte, in ogni sede possibile, anche dai muri della città ora ricoperti di manifesti consumistici, il suo «NO» ad una proposta che è progetto di sventura e di morte.
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