di Giuseppe Marino
Che giorni esaltanti devono essere per gli esperti di diritto tributario. Una mole di nuove tasse da studiare e ora loccasione di osservare in diretta un interessante fenomeno della giungla fiscale: la mutazione nascosta di un tributo da temporaneo a eterno. Allinizio della guerra in Libia, il Giornale aveva ricordato come i 40 milioni di automobilisti italiani stiano tuttora pagando, a partire dal 1935, unaccisa per finanziare la guerra dAbissinia. Appena 1,9 lire al litro, uninezia se tradotta in euro, ma un tesoro da 13 milioni di euro lanno se moltiplicato per il consumo medio di benzina. In 70 anni abbiamo dovremmo aver saldato in anticipo anche il conto del conflitto in Libia, visto che dallAbissinia è da un po che ci siamo ritirati. Nonostante questo, a giugno è entrata in vigore unulteriore accisa di 4 centesimi al litro, finalizzata, sulla carta, a sostenere i costi «dellemergenza Libia». Dunque, più che lo sforzo bellico, la gestione degli oltre 40mila profughi arrivati dallAfrica. Paghiamo lulteriore tributo da sei mesi e tenendo per buoni i parametri sul numero di auto e il consumo medio di 350 litri lanno, abbiamo già dato oro alla patria sotto forma di accisa per circa 280 milioni di euro. La guerra nel frattempo è ormai archiviata ma chi pensasse di cominciare a scalare i 4 centesimi al litro dal conto del pieno sempre più salato, non stia a scomodare la calcolatrice. Neanche a dirlo, laccisa non è stata abolita. E non serve la palla di vetro né gli scienziati del diritto tributario per prevedere come andrà a finire: la tassa precaria troverà collocazione a tempo indeterminato nelle nostre tasche. Il metodo è sempre lo stesso: chiedere un tributo per far fronte a unemergenza e quando questa si esaurisce, trovarne unaltra a cui trasferire il maltolto, come un anello di fidanzamento riciclato.
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