Polemica Baricco, Scalfari e Escobar «litigano» sui fondi per i teatri

A un mese (24 febbraio) dalla pubblicazione dell’articolo in cui Alessandro Baricco proponeva una riflessione sul senso che hanno oggi i finanziamenti pubblici allo spettacolo, al teatro Eliseo di Roma (grazie all’istituto Bruno Leoni) alcuni dei più rappresentativi addetti ai lavori si sono messi intorno a un tavolo per riprendere le fila del discorso. Ovviamente c’era Baricco. Altrettanto naturale la presenza del responsabile di uno stabile (Sergio Escobar del Piccolo). Con loro anche Eugenio Scalfari e Antonio Pilati dell’Antitrust. Mentre Baricco ribadisce il concetto che è meno faticoso sistemare il gregge prima che esca dal recinto (fuor di metafora: meglio educare i giovani a scuola che finanziare festival e rassegne per acculturare gli adulti), Escobar ribatte che è imprescindibile il ruolo della politica proprio perché i finanziamenti spesso e per fortuna servono per non perdere un patrimonio altrimenti ingestibile dai privati. Su questo è d’accordo Scalfari. Impossibile pensare che l’opera lirica - sostiene il fondatore di Repubblica - possa essere mantenuta in vita da un impresario privato, anche quando i 2/3 dei frequentatori della lirica sono vittime di un «conformismo mondano».

Baricco, quindi, mette sotto gli occhi di tutti fatti di grande evidenza: se solo due secoli fa l’immaginario collettivo era popolato di personaggi nati nella lirica e nel teatro popolare, oggi provengono tutti da settori che non prendono una lira di finanziamento pubblico (cinema popolare, tv commerciale e musica pop). Escobar, invece, da manager si affida ai numeri e fa appello al buon senso: «Parlare oggi di libero mercato per la cultura quando banche e imprese, vista la crisi, bussano allo Stato, fa sorridere».

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