La polemica Borghezio spara sugli abruzzesi, ma sbaglia mira

Sparare su Borghezio è sport talmente dilettantesco che verrebbe voglia di dargli ragione anche quando le spara (troppo) grosse. Il folklore del personaggio è, del resto, cosa arcinota, e davvero non si capisce come possa ancora scioccare o scandalizzare. Dalle disinfezioni nei vagoni con nigeriane alle palandrane islamiche eventualmente da incendiare, fino all’ultima, sull’«Abruzzo peso morto», l’estro dadaista dell’immaginifico Borghezio è stato sempre servito sul piatto d’argento ai soliti tromboni (ovviamente tutti neo-federalisti) che hanno tentato di liquidare la Lega come un fenomeno estremista, razzista e xenofobo, salvo poi ritrovarsela al governo ovunque.
Nessuno sano di mente si aspetta che un’intervista a Borghezio possa produrre titoli tipo «Subito altri fondi per gli amici dell’Abruzzo» o «Abbassiamo i toni sulla ricostruzione a L’Aquila» oppure «Serve un tavolo d’intesa con le parti sociali». Come abbassatore di toni Mario Borghezio non è il massimo. Prudenza e moderazione non sono le prime qualità che vengono in mente quando si pensa all’eurodeputato di origini torinesi. Quando se la prende con la cultura «piagnona» del lamento e dell’aiuto pubblico tipica del Sud e coi bizantinismi di ogni stagione post-terremoto (dal Belice all’Irpinia), ma la riferisce al popolo abruzzese e non piuttosto ai suoi amministratori, Borghezio commette non una mostruosità nazista, ma un’ingenuità da politico non abbastanza scafato.
I vari Cetto La Qualunque che governano il paese sanno benissimo che l’elettore va sempre titillato e arruffianato, mai accusato, e questo vale anche per la Lega che sta organizzando sedi in Abruzzo e che quindi è la prima ad essere danneggiata da un’uscita impopolare e politicamente scorretta come quella di Borghezio.
Tanto più che l’esempio borgheziano stavolta è proprio sbagliato, perché gli abruzzesi hanno dato prova di essere più simili ai veneti (esempio incredibile di forza d’animo nel dopo alluvione) che ai «meridionali cresciuti nella cultura del piagnisteo» di cui parla - non senza ragioni - lo scorrettissimo Borghezio. I commentatori con i guanti bianchi che ieri e oggi si diletteranno nel dileggio del barbaro Borghezio dovrebbero, almeno per onestà, ricordare anche le altre «ignobili piazzate» fatte dal leghista, come quelle del ’95, un po’ prima di Saviano, coi volantini «Alt alla penetrazione della mafia al Nord» davanti alla Procura di Torino, o i cortei in Val Susa contro il capoclan Don Ciccio...


A un tipo così, scorretto fin che si vuole ma non paraculo, uno che non fa assumere cugini e cognati nelle società pubbliche e che è presente al 98% delle sedute a Strasburgo, forse si può anche perdonare una sonora stupidaggine.

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