
Il Btp Italia, titolo pensato soprattutto per i risparmiatori italiani e per difenderli dall’inflazione, ha chiuso il suo ultimo collocamento garantendo un rendimento reale annuale dell’1,85%. Tanto o poco? Intanto bisogna aggiungere che si tratta di un titolo a sette anni che, se tenuto fino alla scadenza del 2032, matura anche un bonus dell’1% lordo. Quindi non siamo davanti a rendimenti eclatanti, anche se 1,85% è il secondo tasso più alto finora offerto dalla famiglia dei Btp Italia (siamo al terzo anno di emissioni): il massimo era stato 2% nel 2023.
Siamo quindi di fronte alle più tipiche due facce della stessa medaglia: da un lato il rendimento dei titoli di Stato è in calo; dall’altro questo riflette le migliori condizioni economiche e finanziarie in cui viviamo oggi rispetto a uno o due anni fa. Intanto l’inflazione: in maggio il tasso medio di aumento dei prezzi si è fermato a 1,7%, in calo rispetto a 1,9% di aprile. Segno che l’erosione del potere d’acquisto dei redditi è in calo. E così lo sono anche i tassi d’interesse: alla vigilia della prossima riunione Bce, che potrebbe tagliare per la quarta volta nel 2025 il tasso di riferimento da ulteriori 25 punti, il tasso di mercato euribor è ormai sotto al 2% (un anno fa viaggiava intorno al 3,8%). Il mercato dei mutui, il riferimento più concreto di molti italiani rispetto ai tassi d’interesse, riflette questo trend. Per esempio, rispetto a un anno fa, per un mutuo da 100mila euro a 30 anni si risparmiano circa 600 euro l’anno. E il tasso variabile è tornato a essere concorrenziale rispetto al tasso fisso, riflettendo le aspettative di ulteriori ribassi. Infine, c’è l’aspetto politico/finanziario. Le recenti promozioni arrivate dalle agenzie di rating contribuiscono a un quadro positivo. L’upgrading di Standard and Poor’s, a cui ha fatto seguito il rialzo dell’outlook di Moody’s, rendono il debito pubblico italiano meno rischioso per il mercato. Significa che i grandi investitori sono oggi disponibili a incassare un rendimento inferiore rispetto al passato. Il che permette al Ministero del Tesoro di vendere i suoi Btp a un “prezzo” superiore.
Se quindi gli italiani, indossando i panni del risparmiatore, si trovano a incassare rendimenti inferiori, nello stesso tempo si trovano in una situazione generale migliore e preferibile. Nella quale il potere d’acquisto aumenta, il governo può immaginare politiche fiscali più espansive, e i debiti costeranno di meno.
In altri termini, i benefici complessivi del trend finanziario in atto – anche al netto delle turbolenze che arrivano dagli Stati Uniti e dalle due guerre in atto in Europa e Medio oriente – sono superiori rispetto ai costi. E fino a un anno ciò non era affatto scontato.