
Il precedente storico si chiama "Operazione Restore Hope" ovvero "restaurare la speranza". A differenza del nome l'operazione, iniziata nel dicembre 1992 con uno scenografico sbarco sulle coste della Somalia voluto dall'allora presidente George W. Bush, portò ancor più guerra e disperazione. E nonostante il coinvolgimento di Stati Uniti e di altre 27 nazioni, tra cui l'Italia, rappresentò uno dei più clamorosi fiaschi internazionali. Sia dal punto di vista militare sia da quello degli aiuti umanitari.
Certo la storia non sempre si ripete. Ma il dubbio, 32 anni dopo, viene. Soprattutto se di mezzo ci sono Gaza, una carestia ingestibile, degli aiuti umanitari razziati, un Benjamin Netanyahu interessatissimo a coinvolgere l'alleato americano nella rioccupazione della Striscia e un'amministrazione statunitense assai superficiale nel valutare le situazioni internazionali.
Ma cominciamo dalla genesi di tutto. Ovvero dall'idea di un coinvolgimento statunitense nella gestione e nella distribuzione degli aiuti umanitari nella Striscia di Gaza. A tirar fuori la notizia - citando funzionari americani e israeliani - ci pensa Axios, un'agenzia statunitense molto bene informata sui rapporti tra Washington e l'alleato israeliano. Secondo l'agenzia il piano prende forma durante una cena tra Donald Trump e Steve Witkoff svoltasi al ritorno da Israele dell'inviato speciale statunitense. Durante la cena i due liquidano come fallimentare il progetto di togliere alle Nazioni Unite la distribuzione degli aiuti per affidarli alla Gaza Humanitarian Foundation gestita assieme ad Israele. Da qui a lanciare l'idea che gli Usa si "assumano" la gestione degli aiuti umanitari a Gaza il passo è breve. Stando ad Axios il progetto potrebbe contare sul sostegno finanziario del Qatar e di altri Paesi del Golfo. E dovrebbe vedere il coinvolgimento di altri alleati mediorientali tra cui Giordania ed Egitto.
Il funzionario statunitense non ha specificato quale ruolo svolgeranno effettivamente gli Stati Uniti ed ha aggiunto che Trump "non è entusiasta" dell'idea di assumere il comando della situazione. "In un certo senso questo però deve succedere" spiega però un'altra fonte di Axios. "Il problema della carestia a Gaza sta peggiorando di giorno in giorno e questo non piace a Donald Trump. Il presidente - spiega la fonte - non vuole vedere bambini che soffrono la fame. E vuole che le madri siano in grado di dar loro da mangiare, è sempre più fissato su questo". Ci vuol poco però per capire che gli americani rischiano, come avvenne in Somalia, di dover inviare un contingente armato. Un contingente che avrebbe non solo il compito di evitare le interferenze di un esercito israeliano, accusato di sparare sui civili, ma anche quello di gestire la distribuzione degli aiuti e di difenderli dalle razzie imputate a Hamas. Con il rischio che, come successo in Somalia con i miliziani del signore della guerra Aidid, gli americani si ritrovino a combattere contro Hamas e gli altri gruppi armati della Striscia.
Con il risultato, non troppo felice, di ritrovarsi politicamente e militarmente coinvolti in quella rioccupazione totale della Striscia che il governo Netanyahu si prepara a varare.Insomma un salto a occhi chiusi in quel conflitto meridionale che Trump voleva risolvere. E da cui rischia invece di farsi inghiottire.