Politica economica

Carissima inefficienza

La Corte dei Conti ha denunciato "il mancato rispetto dell`obiettivo intermedio relativo alla selezione degli interventi da ammettere a finanziamento", con il rischio di perdere le risorse del Pnrr

Carissima inefficienza

Il Pnrr è in lizza per diventare il primo problema del governo Meloni. Il piano europeo, come noto, assegna all`Italia 200 miliardi di spesa da distribuire tra il 2022 e il 2026 in una serie di progetti di investimento. Il tema è che l`aumento dei costi dell`energia, e quello dei tassi di interesse - le due grandi variabili che non erano state messe in conto allo scoppio della pandemia - hanno già rallentato la progressione del piano. Andando a indebolire quello che doveva essere l`effetto virtuoso principale dell`intero Pnrr, vale a dire la crescita del Pil.

Intesa Sanpaolo e Sda Bocconi, in un report presentato qualche giorno fa, hanno calcolato che l`effetto stimato del Pnrr sulla crescita dell`economia italiana è in forte contrazione. Rispetto alle stime del governo dell`aprile scorso (già ridotte rispetto a un anno fa), il contributo del Pnrr al Pil di qui al 2026 cala dal 3,6 al 2,5 per cento. E, nello stesso tempo, cambia anche la distribuzione delle spese, che slitta verso la coda del periodo.

Per gli economisti di Bocconi e Intesa, alla base della contrazione ci sono gli effetti della crisi economica che stiamo vivendo. Ma alla misurazione puntuale e, possiamo dire, scientifica di un modello di previsione come questo, si sommano anche altre ragioni. Ce ne sono quasi una al giorno. Ieri, per esempio, era la volta degli asili: il Pnrr destina 4,6 miliardi per creare 265mila nuovi posti in asili e nidi d`infanzia. Ma la Corte dei Conti ha denunciato «il mancato rispetto dell`obiettivo intermedio relativo alla selezione degli interventi da ammettere a finanziamento», con il rischio di perdere le risorse destinate. In pratica i lavori non riescono ad essere assegnati perché gli enti locali non fanno le gare e il ministero di riferimento non riesce ad aiutare. Intesa o Bocconi non lo dicono nemmeno sotto tortura e tanto meno lo quantificano, ma è evidente che il tema è uno solo: quella parte di fondi del Pnrr che si scarica sulla Pubblica Amministrazione è a forte rischio.

Il problema non riguarda le grandi stazioni appaltanti, come per esempio i bandi delle Ferrovie su grandi opere come l`alta velocità Napoli-Bari. Questi marciano spediti grazie alla consuetudine nell`assegnare gare a imprese di costruzione o consorzi, anch`essi bene allenati. Idem per i sistemi portuali, organizzati con una sorta di commissario ad hoc per il Pnrr. Diverso è invece il caso delle gare che devono fare i conti con la limitata o nulla capacità progettuale delle migliaia di piccoli Comuni italiani alle prese, per esempio, con la digitalizzazione. O con gli asili, per l`appunto.

Burocrazia, regolamenti e il timore dei pubblici ufficiali di commettere reati completano il quadro di una situazione che per molti osservatori è paralizzata un po` in tutta Italia.

Se serviva l`ennesima prova dei danni generati alla collettività da un sistema di pubbliche amministrazioni inefficienti, ora ce l`abbiamo.

Compresa la quantificazione dei costi che dobbiamo sopportare.

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