Debito sovrano, tornano vecchie paure

Ecco perché i tassi scendono, ma non quelli a lungo termine, che sono ai massimi degli ultimi 15 anni

Debito sovrano, tornano vecchie paure
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C’è qualcosa di storto nell’andamento dei tassi d’interesse. In Europa, ma anche nel resto del mondo: i tassi a lungo termine sono alti e continuano a salire. La cosa riguarda i rendimenti dei titoli a reddito fisso, a partire naturalmente dai titoli di Stato. E quindi interessa gli investitori.

Bisogna partire dal contesto generato dalla politica monetaria che, per tutto lo scorso anno, è stato segnato dal calo dei tassi d’interesse. La Bce, in 12 mesi, ha tagliato il tasso ufficiale sui depositi di 150 punti: da 3,5 a 2%. La Fed molto meno, comunque ha tagliato pure la banca centrale Usa: da 4.75% a 4,25%, solo 50 punti. Ebbene, questo trend, giustificato dal rientro dell’inflazione nei ranghi del 2%, si è riflesso solo su un pezzo della curva dei rendimenti: sono scesi quelli a breve tipo Bot, e le scadenze entro i 10 anni, tipo Btp. Per il resto, i tassi sono rimasti alti. E continuano a crescere, si vedano i bond inglesi o francesi. L’indice Bloomberg dei bond sovrani globali indica che i titoli a lunga sono ai massimi rendimenti degli ultimi 15 anni. Ma per tutti, al di là dei singoli rating e degli indici, valga questo esempio: sul mercato esiste un titolo di stato cosiddetto “Matusalemme”, molto indicativo. E’ emesso dall’Austria, che presenta un rating AA+ (Standard & Poor’s) secondo solo alla tripla AAA, la cui scadenza è prevista nel settembre 2117, tra 92 anni (Austria-20ST17 - 2,1). Ecco il perché della categoria “Matusalemme”. Ebbene, Austria 20ST17 dall’inizio dell’anno è passato da una quotazione di 82 euro fino agli attuali 59: ha perso il 28% che, per un bond con rating AA+, è un’enormità. Ma ci dice proprio questo: che sulle scadenze lunghe i tassi d’interesse richiesti dal mercato sono sempre più alti (e di conseguenza, essendo la cedola pagata sempre la stessa, i prezzi scendono). Perché?

I motivi sono talmente tanti che rendono questo trend, almeno al momento, assai solido. Da un lato c’è il rinnovato allarme sul debito sovrano. Vale in Europa per i citati casi di Francia e Inghilterra, dove l’instabilità politica rende i conti pubblici più preoccupanti di chi è ancor più indebitato, come l’Italia. Ma vale anche per la Germania, dove la spesa per interessi sta decollando (+116% dal 2020, il doppio dell’Italia) e il debito inizia a crescere. Ma vale soprattutto per gli Usa, dove le dimensioni dell’indebitamento si sommano alle perplessità sulla cura Trump, che potrebbero sfociare in un pandemonio se la Corte Suprema dichiarasse illegittimi i dazi imposti dalla Casa Bianca: nei conti pubblici Usa si aprirebbe una potenziale nuova voragine. Dall’altro lato c’è poi il caso Fed, nel quale lo stesso presidente Trump, minacciando l’indipendenza della banca centrale, ne mina la credibilità e a pagarne il costo sono sempre gli scenari più lontani, per i quali aumenta l’incertezza.

Sui mercati, come sempre, nulla è come appare.

E quando le cose accadono è già troppo tardi per tradurle in comportamenti d’investimento. Se dunque è vero che la tendenza dei tassi d’interesse resta orientata al ribasso, e presto potrebbe arrivare un taglio della Fed, per quanto riguarda le scadenze lontane la storia è tutta diversa.

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